Gheddafi in Italia. Islam e immigrazione: intervista con mons. Mogavero
Il leader della Libia, Muammar Gheddafi, incontrerà nel pomeriggio il presidente del
Consiglio italiano Silvio Berlusconi in occasione di un convegno, che si terrà nella
sede dell'Accademia libica in Italia. In serata prenderà poi parte alle celebrazioni
del secondo anniversario del Trattato italo-libico. Durante le celebrazioni, Gheddafi
incontrerà anche mons. Domenico Mogavero, vescovodiMazara del
Vallo e presidente del Consiglio della Conferenza episcopale italiana per gli affari
giuridici. Hanno suscitato vasta eco, intanto, le parole pronunciate ieri da Gheddafi
nella sede dell’Accademia libica di Roma: “L'Islam - ha detto - dovrebbe diventare
la religione di tutta Europa”. Il primo passo - ha aggiunto - potrebbe essere l'ingresso
della Turchia nell'Unione Europea. Su queste dichiarazioni si sofferma al microfono
di Fabio Colagrande proprio mons. Mogavero:
R. - Io credo
sia una parola provocatoria che per noi europei dovrebbe suonare molto positivamente:
finiamola di considerare la religione un aspetto secondario della nostra identità
e soprattutto finiamola di tentare di relegare il patto religioso all’ambito meramente
privato, come se ostacolasse il progresso e lo sviluppo delle persone. Il patto religioso,
la religiosità è un aspetto integrante e fondamentale dell’identità di una persona
e dell’identità di un popolo. Purtroppo noi, in Europa, a tutto questo abbiamo rinunciato
da tempo e ne è una testimonianza significativa il rifiuto del riferimento alle radici
cristiane dell’Europa nel Trattato dell’Unione.
D. - Passando ad altro
argomento, lei ha espresso preoccupazione per la sorte dei migranti, dei rifugiati
africani che sono detenuti in Libia. Perché?
R. - Perché nessuno mai
ha avuto la possibilità di verificare quali erano le condizioni nelle quali questi
poveri immigrati venivano mantenuti. Non ci sono state mai ispezioni, né da parte
dell’Italia - che pure ha un protocollo d’intesa con la Libia al riguardo -, né da
parte delle organizzazioni internazionali e quindi, in mancanza di notizie, credo
che la preoccupazione sia più che legittima.
D. - Perché, secondo lei,
la Chiesa ha voce in capitolo su questi temi?
R. - Perché la Chiesa
è amica dell’uomo. Noi guardiamo l’uomo che è nel bisogno. Se non c’è nessun’altra
normativa o istituzione che ne tuteli i diritti, noi dobbiamo essere i paladini della
dignità e del rispetto dei diritti fondamentali della persona. Ne va di mezzo la nostra
identità e la nostra accettazione coerente del messaggio evangelico. (Montaggio
a cura di Maria Brigini)