Il Papa all’Angelus parla della difesa dell’ambiente: senza di essa non c’è pace.
Appello per i minatori intrappolati in Cile
Una preghiera che rafforzi la fiducia nel buon esito delle operazioni di soccorso.
Benedetto XVI l’ha levata questa mattina, dopo la preghiera dell’Angelus a Castel
Gandolfo, dedicandola ai minatori cileni da giorni al centro di un complesso intervento
per riportarli alla luce dopo il crollo che li ha intrappolati a decine di metri di
profondità nella regione di Atacama. Il Papa ha pure esortato alla tutela dell’ambiente
per la salvaguardia della pace nel mondo, invitando tutti a riscoprire il valore dell’umiltà
del quale Cristo, ha detto, è l’assoluto “modello”. Il servizio di Alessandro De
Carolis:
Consegnare
alle nuove generazioni un ambiente integro vuol dire consegnare ai giovani una terra
in pace. Quella stessa terra che talvolta reagisce duramente agli interventi umani,
causando lutti o talvolta drammi non meno angosciosi. Come è il caso dei 33 minatori
intrappolati nelle viscere della miniera cilena della regione di Atacama, la cui vicenda
e quella dei loro familiari in attesa è da giorni al centro dell’attenzione internazionale
per la delicatezza dei lavori che saranno necessari per trarli in salvo. A loro e
ai loro cari, Benedetto XVI ha voluto far arrivare da Roma questo pensiero di solidarietà:
“A
ellos y a sus familiares los encomiendo… Affido loro e i loro familiari
all'intercessione di San Lorenzo, assicurando la mia spirituale vicinanza e la mia
costante preghiera, perché mantengano la serenità nella speranza di una conclusione
positiva dei lavori che stanno svolgendosi per salvarli”.
Le preghiere
per i minatori cileni sono state levate dal Papa dopo la preghiera dell’Angelus insieme
con un pensiero per l’imminente celebrazione della Giornata per la salvaguardia del
Creato, promossa dai vescovi italiani per il prossimo primo settembre:
“E’
un appuntamento ormai abituale, importante anche sul piano ecumenico. Quest’anno ci
ricorda che non ci può essere pace senza rispetto dell’ambiente. Abbiamo infatti il
dovere di consegnare la terra alle nuove generazioni in uno stato tale che anch’esse
possano degnamente abitarla e ulteriormente conservarla. Il Signore ci aiuti in questo
compito!”.
Nella riflessione spirituale prima dell’Angelus, Benedetto
XVI si era soffermato su una delle notizie umanamente più rivoluzionarie portate dalla
Buona Notizia del Vangelo, quella che nel Regno di Dio considera più grande chi è
più piccolo. E tra le tante immagini indelebili con le quali Cristo ha spiegato questo
concetto c’è la parabola presente nelle letture liturgiche della domenica. Nel proporre
la scena del banchetto nuziale e con essa l’invito a scegliere l’ultimo posto a tavola
piuttosto che il primo – col rischio di vedersi in quest’ultimo caso pubblicamente
umiliati – “il Signore non intende – ha osservato il Papa – dare una lezione sul
galateo, né sulla gerarchia tra le diverse autorità”:
“Egli insiste
piuttosto su un punto decisivo, che è quello dell’umiltà: ‘chiunque si esalta sarà
umiliato, e chi si umilia sarà esaltato’. Questa parabola, in un significato più profondo,
fa anche pensare alla posizione dell’uomo in rapporto a Dio. L’’ultimo posto’ può
infatti rappresentare la condizione dell’umanità degradata dal peccato, condizione
dalla quale solo l’incarnazione del Figlio Unigenito può risollevarla”.
E’
la mai troppo ripetuta lezione cristiana sull’umiltà che ha in Gesù, e soprattutto
in Gesù crocifisso – ha affermato il Pontefice – un “modello” di “gratuità”:
“Da
Lui apprendiamo la pazienza nelle tentazioni, la mitezza nelle offese, l’obbedienza
a Dio nel dolore, in attesa che Colui che ci ha invitato ci dica: ‘Amico, vieni più
avanti!’; il vero bene, infatti, è stare vicino a Lui”.
Il Papa
ha concluso la riflessione con due esempi. Il primo, quello di San Luigi IX, re di
Francia, ricordato in settimana dalla liturgia, che invitò nel suo “Testamento spirituale
al figlio” a ringraziare umilmente il Signore per la prosperità e a “non diventare
peggiore per vanagloria”. Il secondo esempio – suggerito dalla liturgia odierna che
ne ricorda il martirio – è quello di San Giovanni Battista: il “più grande tra i profeti
di Cristo, che ha saputo – ha affermato Benedetto XVI – rinnegare se stesso per fare
spazio al Salvatore, e ha sofferto ed è morto per la verità”.
Nei saluti
post-Angelus in sei lingue, tra molti applausi e brevi canti, il Papa ha salutato
fra gli altri i molti ragazzi che hanno ricevuto o riceveranno la Cresima, un gruppo
di Cooperatori Paolini e un altro di studenti del Pontificio Collegio Nordamericano.