Seconda giornata dell’incontro del Papa con i suoi ex allievi sull’interpretazione
del Concilio Vaticano II
Seconda giornata, al Centro Mariapoli di Castel Gandolfo, del Ratzinger Schülerkreis,
il tradizionale incontro estivo degli studenti di Benedetto XVI. Tema dell’incontro,
a porte chiuse, al quale prende parte anche il Papa, è quest’anno l’ermeneutica, ovvero
l’interpretazione, del Concilio Vaticano II. Il momento culminante della riunione
sarà la Messa presieduta domani mattina dal Pontefice al Centro Congressi Mariapoli.
Riascoltiamo alcuni pensieri di Benedetto XVI sull’ermeneutica del Concilio, nel servizio
di Alessandro Gisotti:
Qual è la
giusta ermeneutica, la “giusta chiave di lettura e di applicazione” del Concilio Vaticano
II? Benedetto XVI sottolinea che la risposta a questo interrogativo ci aiuta a comprendere
perché la recezione del Concilio si sia svolta in modo così difficile in grandi parti
della Chiesa. Ciò, avverte il Papa, deriva da una “ermeneutica della discontinuità”
secondo la quale occorrerebbe seguire “non i testi del Concilio, ma il suo spirito”.
Con ciò però, spiega il Papa, si fraintende la natura di un Concilio come tale. Esso
infatti verrebbe considerato come una specie di Costituente, “che elimina una costituzione
vecchia e ne crea una nuova”. Ma la Costituente, prosegue, ha bisogno di un mandante,
il popolo, e di una conferma dello stesso:
“I Padri
non avevano un tale mandato e nessuno lo aveva mai dato loro; nessuno, del resto,
poteva darlo, perché la costituzione essenziale della Chiesa viene dal Signore e ci
è stata data affinché noi possiamo raggiungere la vita eterna e, partendo da questa
prospettiva, siamo in grado di illuminare anche la vita nel tempo e il tempo stesso”.
(Discorso alla Curia Romana, 22 dicembre 2005)
A
questa ermeneutica della discontinuità, osserva Benedetto XVI, “si oppone l’ermeneutica
della riforma”, a cui si riferì Giovanni XXIII proprio nel suo discorso d’apertura
del Concilio, l’11 ottobre 1962. Papa Roncalli ribadiva infatti che il Concilio “vuole
trasmettere pura ed integra la dottrina senza attenuazioni o travisamenti” e che dovere
dei Padri conciliari è non solo custodire il deposito della fede, ma anche approfondirlo
e presentarlo “in modo che corrisponda alle esigenze del nostro tempo”. Ecco allora,
afferma il Papa, che è nell’ “insieme di continuità e discontinuità” che possiamo
vedere la natura della vera riforma del Concilio:
“In
questo processo di novità nella continuità dovevamo imparare a capire più concretamente
di prima che le decisioni della Chiesa riguardanti cose contingenti – per esempio,
certe forme concrete di liberalismo o di interpretazione liberale della Bibbia – dovevano
necessariamente essere esse stesse contingenti, appunto perché riferite a una determinata
realtà in se stessa mutevole”.(Discorso alla Curia Romana, 22
dicembre 2005)
Per questo, è la riflessione del
Pontefice, bisogna imparare a riconoscere che, in tali decisioni, “solo i principi
esprimono l’aspetto duraturo”. Così, avverte, “le decisioni di fondo possono restare
valide, mentre le forme della loro applicazione a contesti nuovi possono cambiare”:
“Così,
ad esempio, se la libertà di religione viene considerata come espressione dell'incapacità
dell'uomo di trovare la verità e di conseguenza diventa canonizzazione del relativismo,
allora essa da necessità sociale e storica è elevata in modo improprio a livello metafisico
ed è così privata del suo vero senso, con la conseguenza di non poter essere accettata
da colui che crede che l'uomo è capace di conoscere la verità di Dio e, in base alla
dignità interiore della verità, è legato a tale conoscenza”. (Discorso alla Curia
Romana, 22 dicembre 2005)
In definitiva,
sottolinea Benedetto XVI, il “passo fatto dal Concilio verso l’età moderna” appartiene
in definitiva "al perenne problema del rapporto tra fede e ragione”. Adesso, conclude,
“questo dialogo è da sviluppare con grande apertura mentale, ma anche con quella chiarezza
nel discernimento degli spiriti che il mondo con buona ragione aspetta” dalla Chiesa
in questo momento:
“Così possiamo oggi con gratitudine
volgere il nostro sguardo al Concilio Vaticano II: se lo leggiamo e recepiamo guidati
da una giusta ermeneutica, esso può essere e diventare sempre di più una grande forza
per il sempre necessario rinnovamento della Chiesa”. (Discorso alla Curia Romana,
22 dicembre 2005)