Pakistan, 800 mila persone senza nessun aiuto e l'Onu lancia un appello
800 mila persone in Pakistan sono completamente isolate e l’Onu ha lanciato un appello:
servono 40 elicotteri per portare soccorso a questi sfollati, raggiungibili solo via
aerea. In prima linea anche l’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati
(Unhcr) che ha chiesto 120 milioni di dollari per far fronte all’assistenza umanitaria.
Il Paese sta affrontando la più grave crisi umanitaria della sua storia: 1500 morti,
venti milioni di sfollati, di cui otto con immediato bisogno di aiuto urgente, l’allarme
sanitario si sta allargando. Ieri, il premier Gilani ha organizzato una riunione a
livello ministeriale, con il personale delle Nazioni Unite e delle organizzazioni
non governative per elaborare un piano di intervento. All’incontro ha partecipato
Guido Sabatinelli, responsabile dell’Oms, Organizzazione Mondiale della Sanità,
in Pakistan. Francesca Sabatinelli lo ha raggiunto a Islamabad:
R. – Questi
sfollati vivono in condizioni veramente difficili: solo il 7-8 per cento di queste
persone hanno accesso all’acqua potabile e i servizi sanitari sono limitatissimi,
per cui questo, con l’affollamento, crea le condizioni per il diffondersi di epidemie.
Naturalmente, quelle che ci preoccupano di più sono le malattie che sono trasmesse
attraverso l’acqua – le malattie oro-fecali – le diarree e tra queste il colera, che
ha un tasso di mortalità molto elevato. Successivamente, si dovrà contenere anche
l’inevitabile epidemia di malaria legata alla proliferazione di zanzare e altre malattie
trasmesse dalle zanzare stesse; ma ci sono altre malattie che sono trasmesse dagli
animali all’uomo, perché in questo momento le persone che sono riuscite a salvare
i pochi capi di bestiame vivono accanto ad essi, per cui aumentano le possibilità
di trasmissione di queste malattie. Ci sono quattro milioni di bambini che hanno bisogno
di vaccinazioni contro il morbillo, hanno bisogno di vitamina A e tutto questo dev’essere
fatto in condizioni operative molto, molto difficili.
D. – Una tragedia
destinata ad esplodere nell’immediato futuro. Temete di non riuscire a contenerla?
R.
– Facciamo una pianificazione degli interventi, considerando che la situazione igienico-sanitaria
e le conseguenze per la salute possano veramente deteriorarsi. Bisogna considerare
che da una parte c’è una popolazione esposta all’alto rischio delle malattie trasmissibili,
e dall’altra, in un territorio grande come la Svizzera, l’Austria e il Belgio insieme
non esistono più servizi sanitari, non esiste più una clinica, un ospedale, un posto
sanitario al quale la gente possa accedere per essere curata. E’ una situazione veramente
complessa, forse unica. Si era visto qualcosa del genere naturalmente nei terremoti
e anche nello tsunami, ma non di questa ampiezza, dimensione e uniformità. Bisogna
pensare alla ricostruzione, ma prima ancora della ricostruzione servire l’emergenza
e allo stesso tempo mettere in condizione, appena possibile, di rendere operativi
i centri sanitari. In questo momento io ho già visto che dove l’acqua si è ritirata
esistono degli ambienti vuoti dove il medico può operare, ma non ha più una seggiola,
un letto, un endoscopio, uno stetoscopio, non ha più una medicina …
D.
– Quello che si sta stigmatizzando è la scarsa attenzione della comunità internazionale
nei confronti di questa enorme tragedia. Voi, da lì, avete la percezione di una disattenzione?
R.
– Sicuramente nelle fasi iniziali. E' qualcosa di cui ho esperienza diretta, perché
ho rivolto vari appelli e prima che ci fosse un risveglio abbiamo dovuto attendere
molto. Adesso incomincia a migliorare la situazione: ci sono dichiarazioni di intenti
ma, insomma, non è che si possano comprare medicine con una dichiarazione da parte
di un governo o di un ente finanziatore. Occorre anche trasformare rapidamente queste,
che sono dichiarazioni, in soldi; dev’essere fatto nei prossimi giorni se non nelle
prossime ore. Per esempio, per il settore sanitario, dei 56 milioni di dollari che
erano stati previsti per i primi interventi di emergenza, il 40% è stato “promesso”,
ma di queste promesse pochissime sono state convertite in denaro corrente …