Iraq: oltre 50 morti in diversi attacchi su tutto il territorio nazionale
In Iraq, almeno 52 persone sono morte e quasi 200 sono rimaste ferite in una serie
di autobombe e attentati apparentemente coordinati nel Paese. Le zone interessate
riguardano il nord-est di Baghdad e il sud del Paese. Ce ne parla Marco Guerra:
Non accenna
a placarsi l’escalation di violenze innescata dal ritiro delle truppe combattenti
statunitensi, completato il 19 agosto scorso. Oggi una delle giornate più sanguinose
degli ultimi mesi: l’episodio più grave a Kut, 160 km a sud di Baghdad, dove un kamikaze
si e' scagliato contro un commissariato di polizia uccidendo 26 persone. Stessa dinamica
nella capitale dove un camion imbottito di esplosivo ha causato 15 vittime. Altre
11 persone hanno perso la vita in cinque attacchi in altrettante zone del Paese. L’Iraq
ripiomba, dunque, nell’insicurezza anche a causa del vuoto politico creatosi nei negoziati
tra i partiti, quello laico dell’ex premier Allawi e quello sciita del Primo Ministroal
Maliki, che non trovano un accordo a cinque mesi dalle elezioni per formare un governo
di coalizione. E mentre la politica arranca se ne avvantaggia la militanza. Al-Qaeda
ha appena rivendicato i recenti agguati contro i giudici avvenuti nella capitale.
Il rischio, se i politici non troveranno una soluzione in fretta, è che possa riesplodere
anche la violenza settaria.
Afghanistan Un poliziotto afghano
ha ucciso a colpi di arma da fuoco due militari e un interprete spagnoli durante un
corso di addestramento per la polizia locale nella base di Qalaw-i-Naw, nel nord-ovest
del Paese. Secondo quanto emerso, l’agente afghano avrebbe iniziato a sparare improvvisamente
contro i militari di Madrid. Nella sparatoria che ne è seguita è morto anche l’aggressore.
Dopo l'incidente, circa 200 afghani sono usciti nelle strade della città per manifestare
contro le truppe spagnole. Dopo questo episodio il governo di Madrid ha garantito
che i membri delle forze di sicurezza spagnole continueranno il loro lavoro, ma ha
anticipato che è stato deciso di "accelerare il ritorno" delle truppe spagnole.
Pakistan
emergenza umanitaria 800 mila persone in Pakistan sono completamente isolate
e l’Onu ha lanciato un appello: servono 40 elicotteri per portare soccorso a questi
sfollati, raggiungibili solo via aerea. In prima linea anche l’Alto Commissariato
delle Nazioni Unite per i Rifugiati (Unhcr) che ha chiesto 120 milioni di dollari
per far fronte all’assistenza umanitaria. Il Paese sta affrontando la più grave crisi
umanitaria della sua storia: 1500 morti, venti milioni di sfollati, di cui otto con
immediato bisogno di aiuto urgente, l’allarme sanitario si sta allargando. Ieri, il
premier Gilani ha organizzato una riunione a livello ministeriale, con il personale
delle Nazioni Unite e delle organizzazioni non governative per elaborare un piano
di intervento. All’incontro ha partecipato Guido Sabatinelli, responsabile
dell’Oms, Organizzazione Mondiale della Sanità, in Pakistan. Francesca Sabatinelli
lo ha raggiunto a Islamabad:
R. – Questi
sfollati vivono in condizioni veramente difficili: solo il 7-8 per cento di queste
persone hanno accesso all’acqua potabile e i servizi sanitari sono limitatissimi,
per cui questo, con l’affollamento, crea le condizioni per il diffondersi di epidemie.
Naturalmente, quelle che ci preoccupano di più sono le malattie che sono trasmesse
attraverso l’acqua – le malattie oro-fecali – le diarree e tra queste il colera, che
ha un tasso di mortalità molto elevato. Successivamente, si dovrà contenere anche
l’inevitabile epidemia di malaria legata alla proliferazione di zanzare e altre malattie
trasmesse dalle zanzare stesse; ma ci sono altre malattie che sono trasmesse dagli
animali all’uomo, perché in questo momento le persone che sono riuscite a salvare
i pochi capi di bestiame vivono accanto ad essi, per cui aumentano le possibilità
di trasmissione di queste malattie. Ci sono quattro milioni di bambini che hanno bisogno
di vaccinazioni contro il morbillo, hanno bisogno di vitamina A e tutto questo dev’essere
fatto in condizioni operative molto, molto difficili.
D. – Una tragedia
destinata ad esplodere nell’immediato futuro. Temete di non riuscire a contenerla?
R.
– Facciamo una pianificazione degli interventi, considerando che la situazione igienico-sanitaria
e le conseguenze per la salute possano veramente deteriorarsi. Bisogna considerare
che da una parte c’è una popolazione esposta all’alto rischio delle malattie trasmissibili,
e dall’altra, in un territorio grande come la Svizzera, l’Austria e il Belgio insieme
non esistono più servizi sanitari, non esiste più una clinica, un ospedale, un posto
sanitario al quale la gente possa accedere per essere curata. E’ una situazione veramente
complessa, forse unica. Si era visto qualcosa del genere naturalmente nei terremoti
e anche nello tsunami, ma non di questa ampiezza, dimensione e uniformità. Bisogna
pensare alla ricostruzione, ma prima ancora della ricostruzione servire l’emergenza
e allo stesso tempo mettere in condizione, appena possibile, di rendere operativi
i centri sanitari. In questo momento io ho già visto che dove l’acqua si è ritirata
esistono degli ambienti vuoti dove il medico può operare, ma non ha più una seggiola,
un letto, un endoscopio, uno stetoscopio, non ha più una medicina …
D.
– Quello che si sta stigmatizzando è la scarsa attenzione della comunità internazionale
nei confronti di questa enorme tragedia. Voi, da lì, avete la percezione di una disattenzione?
R.
– Sicuramente nelle fasi iniziali. E' qualcosa di cui ho esperienza diretta, perché
ho rivolto vari appelli e prima che ci fosse un risveglio abbiamo dovuto attendere
molto. Adesso incomincia a migliorare la situazione: ci sono dichiarazioni di intenti
ma, insomma, non è che si possano comprare medicine con una dichiarazione da parte
di un governo o di un ente finanziatore. Occorre anche trasformare rapidamente queste,
che sono dichiarazioni, in soldi; dev’essere fatto nei prossimi giorni se non nelle
prossime ore. Per esempio, per il settore sanitario, dei 56 milioni di dollari che
erano stati previsti per i primi interventi di emergenza, il 40% è stato “promesso”,
ma di queste promesse pochissime sono state convertite in denaro corrente …
Cina
- incidete aereo È di 42 morti e 54 feriti, di cui sette in gravi condizioni,
il bilancio dell’incidente aereo avvenuto ieri in Cina. Un velivolo di una compagnia
interna ha fallito l’atterraggio all’aeroporto di Yichun, nel nordest del Paese. L'aereo,
un Embraer 190 di fabbricazione brasiliana, è uscito dalla pista subito dopo essere
atterrato e in seguito ha preso fuoco. Questa mattina è stata recuperata la scatola
nera da cui si attendono indicazioni sulle cause dell'incidente.
Somalia
- terrorismo Dopo l’attentato di ieri all’hotel Muna, a Mogadiscio, in cui
sono stati coinvolti diversi funzionari, oggi sono in corso nella capitale somala
pesanti scontri tra le forze governative e i ribelli islamici. Nell’escalation di
violenza iniziata lunedì, più di 80 persone sono state uccise finora. Anche il Papa,
durante l'udienza generale, ha espresso apprensione per la situazione in Somalia,
che rischia di infiammare nuovamente l’intero Corno d’Africa. A Mario Raffaelli,
presidente di Amref ed esperto di Corno d’Africa, Stefano Leszczynski ha chiesto
perché la crisi somala rischia di allargarsi a livello regionale:
R. - Ormai
è un problema non solo per la Somalia, ma per l’intero Corno d’Africa. Questa degenerazione
è in grado di coinvolgere gli altri Paesi, sia dal punto di vista di possibili attentati,
come appunto è successo in Uganda, e come potrebbe succedere a Nairobi, dove ci sono
circa mezzo milione di abitanti di origine somala e finora è stata risparmiata probabilmente
perché gli Shabab la utilizzano più come un luogo logistico, ma può succedere anche
un coinvolgimento - come si è rischiato negli scorsi anni - tra i Paesi che hanno
interessi diversi e posizioni diverse sul conflitto somalo; ci vorrebbe un intervento
migliore da parte della Comunità internazionale, che si è impegnata in questi anni
a supporto del governo di transizione, che ha cercato con questo ultimo governo anche
un compromesso con alcuni elementi moderati delle corti islamiche, ma che a mio avviso
ha fatto tutto ciò troppo lentamente e soprattutto trascurando la parte più importante,
quella della ricerca di maggior consenso a favore di questa transizione.
D.
- Si ha un po’ sempre l’impressione che si voglia aiutare la Somalia, ma a distanza,
senza mai coinvolgersi troppo e soprattutto senza mettere piede nel Corno d’Africa..
R.
- Attualmente in Somalia non c’è praticamente più nessuno, ovviamente questo perché
la situazione è diventata molto difficile dal punto di vista della sicurezza, ma questo
anche perché - a mio avviso - negli ultimi anni, commettendo un errore, la Comunità
internazionale ha più puntato sulla carta militare che su quella del dialogo, del
consenso politico e prevalendo una logica più militare, si è creata questa escalation,
che evidentemente va a favore di quella componente radicale interna anche con collegamenti
internazionali terroristici che può prosperare solo in una situazione di guerra.
D.
- Quali potrebbero essere adesso le dinamiche che coinvolgono la Somalia e che riguardano
il Corno d’Africa?
R. - Credo che lo scenario più probabile sia quello
del continuare questa situazione degenerata, questo caos, senza una soluzione chiara,
né in un senso, né nell’altro. Questo può "infettare" maggiormente le aree. Ovviamente
ci potrebbe essere poi un nuovo intervento etiopico che è stato per altro in qualche
modo minacciato da parte del primo ministro, qualora gli Shababtornassero
a prendere il potere.
Messico - guerra narcotraffico Orrore
senza fine in Messico. I militari hanno ritrovato 72 cadaveri (58 uomini e 14 donne)
in una fossa comune in una fattoria di Tamaulipas, nelle vicinanze di San Fernando,
una delle zone più violente del Paese, dove imperversa la guerra tra potenti cartelli
della droga. La scoperta dei corpi - che la polizia ritiene essere vittime del narcotraffico
e sui quali ha avviato l'identificazione – è avvenuta dopo un raid delle forze dell'ordine
che hanno assaltato la fattoria per arrestare i criminali che vi si nascondevano all'interno.
Ieri sul ciglio dell'autostrada tra Città del Messico e Acapulco sono stati trovati
i corpi di un ragazzo di quindici anni e dello zio, entrambi decapitati. Infine, a
Ciudad Juarez, vicino alla frontiera con il Texas, durante uno dei tanti regolamenti
di conti ha perso la vita un neonato di sei mesi colpito da una pallottola vagante.
Caucaso
violenze Ancora violenza nel Caucaso Russo. Cinque ribelli separatisti sono
stati uccisi nella notte dalle forze di polizia nella Repubblica del Daghestan. Gli
agenti, secondo la loro ricostruzione, hanno risposto al fuoco dei militanti dopo
averli fermati a bordo di un'auto per un controllo. Fra le vittime due leader locali
del movimento ribelle integralista.
Cile –Minatori In Cile, dopo
l’euforia seguita alla notizia che i 33 minatori intrappolati in una miniera del nord
del Paese sono vivi, le autorità del Paese hanno chiesto l’appoggio di esperti internazionali
per trovare una soluzione che accorci i tempi di permanenza nel sottosuolo per i minatori.
Attualmente si stima che ci vorranno dai 3 ai 4 mesi per liberarli. Un potente escavatore
australiano è in fase di assemblaggio. Dovrebbe permettere di realizzare un piccolo
tunnel di 66 centimetri di larghezza dal quale estrarre uno ad uno i lavoratori imprigionati.
(Panoramica internazionale a cura di Marco Guerra)
Bollettino
del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LIV no. 237
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