Nella Penisola arabica cresce il numero dei cristiani
«La nostra fede è più forte qui che in patria!». Le parole di Nila Sanchez Bandigan,
immigrata filippina ad Abu Dhabi, riassumono con efficacia lo spirito di una Chiesa
sorprendente come è quella del Golfo Persico. Una Chiesa “inaspettata” quanto rilevante
- riferisce l'agenzia Asianews - visto che, mentre tutto il Medio Oriente assiste
a un più o meno drammatico esodo dei cristiani, in queste terre il numero dei fedeli
cristiani cresce considerevolmente. Nel vicariato d’Arabia, che con i suoi tre milioni
di km quadrati è il più esteso al mondo (oltre agli Emirati Arabi comprende il Qatar,
il Bahrain, l’Arabia Saudita, l’Oman e lo Yemen), i cristiani sono milioni: secondo
le stime ufficiali rappresentano, nei diversi Paesi, tra il 7 e il 10% della popolazione,
ma semplici calcoli empirici suggeriscono che negli Emirati essi superano il 30% degli
abitanti. Proprio alla “Chiesa del Golfo” è dedicato il Servizio speciale dell’ultimo
numero di Mondo e Missione, il mensile del Pime, che esce alla vigilia del Sinodo
per il Medio Oriente convocato da Benedetto XVI per il prossimo ottobre. Un reportage,
a firma di Chiara Zappa, realizzato tra Emirati Arabi, Qatar e Kuwait, alla ricerca
delle storie e delle voci di tanti cristiani provenienti da Paesi e culture diversissimi,
che abitano la terra degli sceicchi. Cristiani come Danny Jose, 26enne del Kerala,
leader di un gruppo carismatico giovanile di Abu Dhabi e ospite di uno dei famigerati
labour camp dove vivono gli operai senza diritti che hanno costruito i grattacieli
degli Emirati. Ma anche come suor Magdalene, che dal suo consultorio di Dubai è testimone
delle sofferenze e delle aspettative che attraversano la grande «città delle illusioni».
Esponenti di una Chiesa precaria e in «libertà vigilata» - la pratica e i simboli
religiosi sono limitati agli stretti confini delle parrocchie - ma insieme piena di
energie, come racconta nella sua testimonianza il vicario d’Arabia, il cappuccino
svizzero Paul Hinder: «Le nostre comunità, vive ed entusiaste nonostante ostacoli
e difficoltà, sono una provocazione per l’Occidente». Per mons. Camillo Ballin, comboniano
italiano, vicario del Kuwait, «il fatto stesso che in una terra sacra per l’islam
vivano milioni di cristiani rappresenta in sé una testimonianza importante: siamo
chiamati ad essere lievito nella pasta». E proprio ai tentativi di incontro e dialogo
tra cristiani e musulmani è dedicata parte del Servizio speciale di Mondo e Missione,
che raccoglie tra l’altro le voci del gran mufti di Dubai e del portavoce del Dicid,
il Centro internazionale per il dialogo interreligioso di Doha, la più importante
realtà di questo tipo nella regione. (R.P.)