Nuovo suicidio in un carcere italiano. Questa volta è avvenuto a Parma, dove un detenuto,
ieri sera, si è tolto la vita impiccandosi con le lenzuola. Si tratta del 43.mo caso
dall’inizio dell’anno. L’episodio riaccende il dibattito sulla sicurezza e sul sovraffollamento
negli istituti penitenziari del Paese. Il servizio è di Eugenio Bonanata:
539 detenuti
a fronte di 418 posti letto, con tre sezioni chiuse per carenza di agenti. Questa
la situazione nel carcere di Parma che è molto simile a quella di altri penitenziari
della penisola, dove da tempo si chiede la revisione del sistema penitenziario. I
detenuti presenti nelle 206 prigioni nazionali sono oltre 68 mila, la capienza regolamentare,
invece, è di meno di 45 mila posti, mentre mancano almeno 6 mila agenti. La richiesta
da più parti è quella di rivedere al più presto il sistema delle pene. Mons. Giorgio
Caniato è ispettore generale dei Cappellani delle carceri italiane:
"Io
mi chiedo se l’Amministrazione della Giustizia in uno Stato deve essere fatta col
concetto della retribuzione: “Hai sbagliato e paghi tanto..” – in termini di anni
di carcere - o se non convenga farlo su un altro tipo di discorso di base: “Tu hai
distrutto, tu hai rovinato, allora tu ricostruisci e tu ripari.” Quindi, il concetto
di una giustizia che fa riparare e che ricostruisce quello che il reato distrugge.
Se ci sono molti detenuti che riescono a recuperare - e ce ne sono - il più delle
volte è perché incontrano in carcere delle persone che le aiutano".
Dunque,
ottenere il reinserimento sociale del detenuto attraverso misure detentive alternative
al carcere, in caso di reati non gravi. Misure che sono contenute nella proposta del
Ministero della giustizia attualmente in discussione in Parlamento e che potrebbero
risolvere anche il problema del sovraffollamento.Donato Capece è segretario generale
del sindacato autonomo di polizia:
"Non capisco, perché tutti i detenuti
che hanno una pena minima definitiva da scontare, devono stare rinchiusi nelle patrie
galere, quando invece possono essere benissimo affidati per esempio ai lavori socialmente
utili. Questo permetterebbe di essere retribuiti per il lavoro svolto, ma si potrebbe
trattenere una parte di questa retribuzione per costruire un fondo di risarcimento
per le vittime del reato".