Africa. Vertice sulla pace nella regione dei Grandi Laghi
(dall'Osservatore Romano)
Kinshasa, 20 agosto 2010 Lo sfruttamento illegale
delle risorse naturali e l'incuria della persona umana nelle attività economiche,
questioni cruciali ovunque, sono i principali ostacoli per arrivare alla pace nella
regione africana dei Grandi Laghi, una delle più instabili e tormentate al mondo.
Ai diritti umani, sociali e culturali sociali delle popolazioni locali, con particolare
riferimento proprio al tema dell'uso delle risorse naturali, è stata dedicata la riunione
tenuta questa settimana a Kinshasa per iniziativa dalla Conferenza internazionale
sulla regione dei Grandi Laghi (Cirgl) e dalla rappresentanza dell'Onu nella Repubblica
Democratica del Congo. Esperti congolesi, diplomatici africani e non solo, rappresentanti
dell'Onu e di numerose organizzazioni si sono confrontati sui modi per costituire
e far rispettare meccanismi in grado di prevenire, reprimere e sradicare lo sfruttamento
illecito del ricco sottosuolo congolese e delle foreste del bacino del fiume Congo,
il secondo polmone verde del pianeta, con un’estensione di 145 milioni di ettari,
dopo quello dell'Amazzonia. La riunione della Cirgl si è conclusa con l'invito
a dare seguito al Patto regionale sulla sicurezza, la stabilità e lo sviluppo della
regione dei Grandi Laghi, firmato a Nairobi nel dicembre 2006, ma finora mai veramente
rispettato da operatori economici e gruppi ribelli che imperversano in più Paesi. Un
tale lasso di tempo conferma l'estrema difficoltà di porre fine ai comportamenti depredatori
che hanno segnato l'intera storia moderna della regione. Del resto, la ricchezza del
suo sottosuolo per il Congo è da sempre una «maledizione». L'infinita successione
di guerre nel grande Paese africano si spiegano proprio con il controllo delle sue
risorse. Ogni sviluppo economico, ogni progresso internazionale, per il Congo si trasforma
in una nuova tassa di sangue. Lo sfruttamento delle risorse congolesi — legname,
pietre preziose, petrolio, ma soprattutto minerali indispensabili all'industria moderna,
come appunto il coltan, il nickel e la cassiterite — è da sempre all'origine dei
conflitti nell'area. Tra questi si iscrisse quello civile congolese del 1998-2003,
che si meritò il nome di prima guerra mondiale africana, non solo per lo spaventoso
numero di tre milioni di morti, ma anche per il coinvolgimento, oltre che delle fazioni
congolesi, degli eserciti di altri sei Paesi della regione. Le decisioni della
Cirgl non sono di per sé operative, ma il coordinatore congolese della Cirgl, Baudoin
Hamuli Kabarhuza, ha riferito al quotidiano «Le Phare» che la riunione a Kinshasa
è servita a preparare il vertice regionale dei capi di Stato di 12 paesi d'Africa
centrale, che si ritroveranno a novembre sempre nella capitale congolese. Esperti
e studiosi hanno stilato rapporti sull'impatto positivo che potrebbe avere sulle popolazioni
locali uno sfruttamento più equo e rispettoso dell'ambiente e hanno presentato proposte
da portare all'attenzione dei Governi dell'area. In particolare, la Cirgl sta lavorando
a un meccanismo di certificazione dei prodotti minerari, oltre che alla creazione
di una banca dati, per il momento limitata ai diamanti estratti. Nelle prossime
settimane a Nairobi, in Kenya, si riuniranno invece i ministri responsabili delle
attività minerarie, per confrontarsi sulle strategie regionali da attuare per porre
fine allo sfruttamento illecito, conseguenza diretta riconducibile ai conflitti armati
e all’instabilità politica.