“Pasci le mie pecorelle”: l’esortazione di Gesù a Pietro nelle riflessioni di Benedetto
XVI
La Chiesa celebra oggi San Pio X. Il Vangelo della memoria liturgica narra l’incontro
tra Pietro e Cristo Risorto, sulla riva del Lago di Tiberiade. Il Signore chiede per
tre volte al discepolo se lo ama, esortandolo a pascere le sue pecorelle. Benedetto
XVI si è soffermato più volte su questo passo evangelico. Riascoltiamo alcuni pensieri
del Papa sul governo pastorale affidato da Gesù a Pietro e ai suoi Successori. Il
servizio di Alessandro Gisotti:
Preghiamo
il Signore affinché ci doni “un pastore secondo il suo cuore, un pastore che ci guidi
alla conoscenza di Cristo, al suo amore, alla vera gioia”: è il 18 aprile 2005, quando
Joseph Ratzinger pronuncia queste parole. Il cardinale decano celebra la Missa pro
eligendo Romano Pontifice alla vigilia del Conclave. Il giorno dopo sarà eletto Papa,
sarà chiamato così a pascere le pecorelle proprio come Pietro duemila anni fa. E’
un compito che supera le forze umane e Benedetto XVI si affida perciò alle preghiere
dei fedeli, delle pecorelle che il Signore gli ha affidato:
“Pregate
per me, perché io impari ad amare sempre più il suo gregge – voi, la Santa Chiesa,
ciascuno di voi singolarmente e voi tutti insieme. Pregate per me, perché io non fugga
per paura, davanti ai lupi. Preghiamo gli uni per gli altri”. (Messa di inizio Pontificato
Pontificato, 24 aprile 2005)
La missione del pastore, rammenta il
Papa, deve nascere dall’amore per Cristo. Bisogna dunque seguire il Signore, lasciarsi
guidare da Lui, entrare nella sua dimensione d’amore infinito:
“Ricordiamo
sempre che per ogni Pastore, la condizione del suo servizio è l’amore per Cristo,
a cui nulla deve essere anteposto. ‘Simone di Giovanni, mi ami?’. La domanda di Gesù
a Pietro risuoni sempre nel nostro cuore, cari Fratelli, e susciti, ogni volta, nuova
e commossa, la nostra risposta: ‘Signore, tu sai tutto; tu sai che ti amo’”. (Udienza
ai nuovi metropoliti, 30 giugno 2008)
Il Papa ribadisce che i pastori
“sono il tramite attraverso il quale Cristo stesso ama gli uomini”. E dunque alla
base del ministero pastorale c’è sempre “l’incontro personale e costante con il Signore”:
“Per
essere Pastore secondo il cuore di Dio (cfr Ger 3,15) occorre un profondo radicamento
nella viva amicizia con Cristo, non solo dell’intelligenza, ma anche della libertà
e della volontà, una chiara coscienza dell’identità ricevuta nell’Ordinazione Sacerdotale,
una disponibilità incondizionata a condurre il gregge affidato là dove il Signore
vuole e non nella direzione che, apparentemente, sembra più conveniente o più facile”.
(Udienza generale, 26 maggio 2010)
Pietro, rammenta Benedetto XVI,
“da sé non era una roccia, ma un uomo debole ed incostante”. Il Signore, però, “volle
fare proprio di lui la pietra e dimostrare che, attraverso un uomo debole”, Egli sostiene
la Chiesa e la mantiene unita. Il Papa torna alle parole del Signore a Pietro: “Pasci
le mie pecorelle”:
“Da quel giorno Pietro ha 'seguito' il Maestro
con la precisa consapevolezza della propria fragilità; ma questa consapevolezza non
l’ha scoraggiato. Egli sapeva infatti di poter contare sulla presenza accanto a sé
del Risorto”.(Udienza generale, 24 maggio 2006)
“Dagli
ingenui entusiasmi dell’adesione iniziale – prosegue il Papa – passando attraverso
l’esperienza dolorosa del rinnegamento ed il pianto della conversione, Pietro è giunto
ad affidarsi a quel Gesù che si è adattato alla sua povera capacità d’amore”. L’esperienza
di redenzione di Pietro diventa, dunque, anche per noi un esempio che ci incoraggia,
che ci invita a sperare nel Signore:
“Mostra così anche a noi la
via, nonostante tutta la nostra debolezza. Sappiamo che Gesù si adegua a questa nostra
debolezza. Noi lo seguiamo, con la nostra povera capacità di amore e sappiamo che
Gesù è buono e ci accetta”. (Udienza generale, 24 maggio 2006)