Sciopero in Sudafrica. I vescovi: Inumano impedire ai malati l'accesso agli ospedali
Rischia di sfociare in una protesta generale lo sciopero dei lavoratori del settore
pubblico che sta bloccando il Sudafrica. Quasi un milione e mezzo di manifestanti
sono scesi ieri in piazza a Johannesburg, rivendicando radicali miglioramenti salariali.
Nel corso della manifestazione si sono registrati momenti di forte tensione con le
forze dell’ordine, che continuano a presidiare scuole e ospedali. In un comunicato,
i vescovi sudafricani, pur riconoscendo il diritto di sciopero, esprimono il forte
rincrescimento per l’inumano comportamento dei dimostranti, che hanno impedito l’accesso
ai nosocomi, per medici e pazienti, e agli istituti di istruzione, per docenti e studenti.
I presuli, inoltre, invitano i lavoratori in sciopero a prendere in seria considerazione
la condizione di poveri, deboli, malati e giovani, che stanno disperatamente lottando
per una vita migliore. Sulle motivazioni dello stato d’agitazione, Giancarlo La
Vella ha intervistato Laura Mezzanotte, esperta di Africa australe:
R. - Questo
sciopero rischia di essere il catalizzatore di una protesta popolare e sociale che
viene soprattutto dalle zone povere, dove la gente da molto tempo sta protestando
per la mancanza di servizi e per le mancate promesse; quindi la richiesta di avere
acqua, di avere casa e di avere servizi, che non è stata soddisfatta, potrebbe saldarsi
politicamente a questo sciopero, che è uno sciopero apparentemente salariale, ma che
in realtà ha nel sottofondo, una richiesta molto precisa al presidente Zuma di una
specie di bonus elettorale, perché il sindacato al momento dell’elezione di Zuma,
è stato uno dei suoi grandi elettori e adesso dice: noi vogliamo quello che ci hai
promesso.
D. - Dopo la fine dell’Apartheid si è sempre guardato dal
Sudafrica in termini molto positivi: a tuo avviso, invece, il Paese sta un po’ scontando
quelli che sono i problemi economici e sociali di tanti altri Paesi occidentali?
R.
- Sicuramente il Sudafrica risente della crisi, anche se forse, un po’ meno di quello
che potrebbe essere il livello europeo, ma ne risente in un certo senso di più rispetto
ai Paesi africani, perché è un Paese, comunque, più integrato nel sistema globale
anche finanziariamente. Inoltre, c’è il grosso problema che la classe politica sta
dando uno spettacolo abbastanza indecoroso di sé, perché ci sono stati moltissimi
scandali, c’è ormai una tendenza ad avere connessioni politiche che servono per avere
contratti pubblici. Questa è una cosa che del resto anche in questo sciopero è venuta
fuori, perché il sindacato ha già detto: “Noi siamo stufi di avere degli stipendi
miseri, quando i nostri politici vivono nel lusso!” C’è stato proprio un aumento massiccio
dei problemi nella gestione pubblica, anche perché la generazione che oggi è al potere,
è una generazione che non fa più parte dei padri fondatori. Sono rimaste persone che
hanno fatto la lotta contro l’Apartheid, ma che poi non hanno mantenuto quel tipo
di integrità, forse, e si è instaurata una cultura politica abbastanza preoccupante,
non diversa, né da altri Paesi africani, né anche da altri Paesi europei; però comunque
per i sudafricani è un grosso choc, perché loro escono da un’idea di sé stessi come
la Nazione pura, la Nazione che va avanti sulla base di alti ideali e forse hanno
sottovalutato il problema dell’arrivo al potere di tutta una classe politica che ha
poco sofferto nella lotta e ha molto pensato a che cosa fare quando riuscirà ad avere
il potere.
D. - Dopo le divisioni etniche, oggi, la popolazione è compatta
o ci sono comunque divisioni? R. - Ci sono molte divisioni e comunque quella
tra bianchi e neri non è assolutamente scomparsa. Poi, ci sono altre divisioni che
derivano dallo scarto economico tra poveri e ricchi, che è molto grande, in questo
senso è da Paese del Terzo mondo, mentre per altri versi il Sudafrica ha dinamiche
che non sono da Terzo mondo.