Elezioni in Australia: è testa a testa tra laburisti e conservatori
In Australia elezioni legislative, questo sabato, banco di prova decisivo per la premier
laburista Julia Gillard, in carica da due mesi dopo la sfiducia del partito a Kevin
Rudd. I sondaggi prevedono un risultato sul filo di lana, il più risicato in quasi
50 anni, fra il governo laburista, che ha una maggioranza di 16 seggi nella Camera,
e l'opposizione guidata dall'ultraconservatore Abbott. Si intravede la possibilità
che, come avvenuto in Gran Bretagna, per la prima volta nessuno dei due partiti possa
formare da solo un governo. La premier Gillard ha incentrato la sua campagna sulla
gestione economica, evocando il tempestivo programma di stimolo economico che ha messo
al riparo l'Australia dalla crisi globale e ha mantenuto alto il livello di occupazione.
I vescovi senza dare indicazioni di voto invitano a dare priorità alla dignità della
persona e ai suoi diritti basilari ricordando i più svantaggiati a partire dagli aborigeni.
Ma come ha attraversato la crisi globale di questi due anni il continente australiano?
Risponde nell’intervista di Fausta Speranza, Elena Saba che da anni
vive a Perth con la sua famiglia in missione:
R. – La crisi
in Australia si è sentita agli inizi, ma adesso si vede la ripresa. Agli inizi sì,
erano tutti molto spaventati: molte fabbriche hanno chiuso, come anche i negozi. Molte
attività hanno avuto dei problemi, ma adesso si stanno pian piano riprendendo. Le
istituzioni hanno dato molti aiuti, investito soldi, hanno immesso sul mercato valuta
e quindi adesso la situazione sta migliorando.
D. – La disoccupazione,
dunque, non è una priorità per la gente?
R. – Non molto. Un anno fa
era una delle prime priorità perché le persone perdevano il lavoro, mentre oggi non
più: comunque tutti promettono soldi, sia il partito laburista che il partito liberale.
Promettono soldi per la scuola, gli ospedali, per le amministrazioni.
D.
– Per quanto riguarda la sanità ed i servizi di base, l’Australia è un Paese preso
anche a modello dagli altri Paesi...
R. – Certo. Qui nel Western Australia
ci sono progetti per nuovi ospedali perché la popolazione è aumentata molto e quindi
gli ospedali, chiaramente, sono carenti solo per questo. Si progettano ospedali nuovi,
nuove strutture.
D. – Tra i punti citati dai vescovi c’è l’appello per
le donne, per una protezione da tutte le forme di violenza…
R. – Sì,
ci sono casi di violenza perché c’è il problema dell’alcol, un problema che porta
poi alle violenze sulle donne e sui bambini. I vescovi, quindi, prendono le difese
della dignità delle donne. Ci sono certamente soprusi, ma secondo me il tutto va relazionato
al problema di droga ed alcol.
D. – Che dimensione ha questo fenomeno,
è davvero così grave?
R. – E’ molto grave. I giovani non hanno posti
di ritrovo, non sanno come impiegare il tempo e come donarsi agli altri, per cui l’unica
attività, per loro, il venerdì sera o il sabato, è quella di ubriacarsi. Anche i giovanissimi
fanno molto uso di alcol e droghe nonostante il proibizionismo. La diffusione è altissima:
è aumentata negli ultimi anni davvero molto.
D. – Come mai, secondo
lei, in un Paese che ha servizi di base efficienti, una sanità efficiente, una scuola
efficiente e non ha grossi problemi di disoccupazione, c’è questo vuoto esistenziale
tra i giovani, un vuoto che li spinge all’alcol e alle droghe?
R. –
Secondo me c’è un non-senso in tutto quello che fanno, proprio come un vuoto. Molti
di loro perché hanno problemi familiari, famiglie distrutte e quindi perdono il senso
della vita. Che valore ha la mia vita se la mia famiglia non mi accetta, se ci sono
divisioni laceranti? Tutto perde di significato. Per cui, anche avere tanti soldi
a cosa serve? A dare un po’ di piacere e quindi a bere, a drogarsi. Si perdono i valori
primari della famiglia, del volersi bene l’un l’altro, dell’aiuto reciproco e l’unica
felicità che si può trovare è nell’evasione e nell’alcol. Il problema di fondo, secondo
me, è che si è perso il significato profondo della famiglia.
D. – Dunque
è forte il senso di individualismo?
R. – Molto. Qui in Australia ognuno
vive per conto proprio, c’è un individualismo molto profondo.
D. – I
vescovi, nel loro appello, citano anche la situazione dei nativi, degli aborigeni.
Parlano di condizioni di vita da Terzo Mondo…
R. – Ed hanno ragione.
Gli indigeni, gli aborigeni non riescono ad integrarsi in questo tipo di società.
Si sentono vittime di abusi, di ingiustizie e non riescono ad integrarsi in una società
così moderna. I giovani non continuano la scuola, non vanno avanti nella scolarizzazione
ed hanno anche loro, molto forte, il problema dell’alcol.
D. – Di recente
si è parlato di iniziative a livello governativo per cercare di migliorare la situazione
degli aborigeni. Qualcosa è stato fatto?
R. – Ci sono state le scuse
pubbliche del primo ministro, Kevin Rudd, lo scorso anno. Scuse che loro hanno apprezzato
molto, anche se comunque non basta, perché alla fine vogliono essere compensati finanziariamente,
vogliono soldi. Dopo le parole ci vogliono dei fatti.