Iraq. Si ritirano le forze di combattimento Usa. Mons. Warduni: hanno il dovere di
lasciare la pace
Nove persone hanno perso la vita ieri in Iraq in diversi attacchi, tra cui uno a Rabiya,
120 chilometri a nord-est di Baghdad. E’ solo l’ennesimo bollettino sulle violenze
quotidiane che insanguinano il Paese. Intanto nella notte è stata annunciata la partenza
dell'ultima brigata da combattimento Usa, oltre sette anni dopo l'inizio della guerra,
il 20 marzo 2003, che ha portato al rovesciamento del regime di Saddam Hussein. Ad
oggi, i militari Usa stanziati in Iraq sono 56.000 e solo a fine mese scenderanno
come previsto a 50.000. Ma dalla fine del mese la missione sarà di “assistenza” alle
forze locali. Il ritiro di tutti i militari è in calendario entro la fine del 2011.
Una guerra, quella in Iraq, decisa dall'allora presidente Usa George W. Bush, convinto
che Hussein possedesse armi di distruzione di massa (che poi non sono state mai trovate).
Una guerra che ha portato spaccature in Europa. Bush aveva dichiarato la fine dei
combattimenti in Iraq il primo maggio del 2003, in un famoso discorso a bordo della
portaerei Lincoln, al largo di San Diego in California. In realtà i combattimenti
sono durati molto più a lungo, con oltre 4mila morti militari americani e decine di
migliaia di vittime irachene, e tensioni fortissime nel biennio 2006-2007. Ma anche
oggi la situazione non può dirsi pacificata, come spiega, nell’intervista di Fausta
Speranza, mons. Shlemon Warduni, vescovo ausiliare di Baghdad dei Caldei:
R. – E’ molto
difficile vivere in un luogo dove non c’è la legge, dove non c’è il governo. L’Iraq
è senza un governo, è senza legge. E come si può vivere in un posto così? Bisogna
avere prima di tutto un governo stabile, una legge che governi il Paese, perché adesso
i terroristi vanno e vengono come vogliono. Non c’è lavoro e ci sono autobombe, kamikaze
e altre manifestazioni di violenza. Le truppe straniere, se vanno via, hanno il dovere
di lasciare dietro di loro la pace e la sicurezza. Oggi vediamo i risultati negativi
della guerra. Come diceva il compianto Papa Giovanni Paolo II e come dice Benedetto
XVI, la guerra distrugge tutto e non fa nessun bene. Chiediamo a tutti gli uomini
di buona volontà di cooperare con coscienza, quella coscienza che mette Dio al centro
e non i propri affari, non i propri interessi. Vogliamo, chiediamo, gridiamo: pace
e sicurezza!
D. – Le forze governative sono deboli: non ce la fanno
di fronte alla violenza o ci sono anche tensioni interne tra chi governa?
R.
– Questa è una questione molto difficile. Ci sono le forze del governo, ma al loro
interno forse qualcuno lavora male oppure chi lavora bene non ha grande forza. E la
gente si chiede: se non c’è lavoro, se c’è pericolo di vita, se non c’è di che vivere
per ogni famiglia, perché dicono stiamo qui?
D. – Mons. Warduni, quanto
è lontana la democrazia che qualcuno pensava di esportare in Iraq?
R.
– Bisogna educare alla democrazia, bisogna seminarla e non imporla. Se una grande
diga si apre improvvisamente, cosa succede? Si verificano grandi inondazioni. Quindi,
qui noi eravamo in una grande prigione e cosa accade se una prigione viene aperta
troppo repentinamente? Bisogna insegnare la democrazia, non bisogna solo parlare di
democrazia. Quelli che parlano di democrazia, che vengano a camminare sulle strade
di Baghdad…
D. – In tutta questa situazione, in particolare per le minoranze,
è sofferenza aggiunta, non è così? Per i cristiani e per altre minoranze...
R.
– La situazione è generale in tutto l’Iraq, riguarda tutti i cittadini iracheni. Bisogna,
quindi, vedere bene come risolvere i problemi in tutto il Paese. Noi certamente siamo
presi di mira...
D. – Oggi da dove si dovrebbe cominciare per risanare
davvero la situazione in Iraq, secondo lei?
R. – Bisogna che tutti lascino
perdere i loro interessi e guardino agli interessi dell’Iraq. Che si discuta bene,
al tavolo, e si aiuti a cercare di fare un governo stabile, un governo forte. E che
questo governo poi metta in pratica la legge, perché senza la legge non si può né
camminare né vivere. Io voglio lanciare un grido forte a tutto il mondo, perché aiuti
a spegnere le guerre.