Non dimenticare Haiti: l'impegno della Caritas per la ricostruzione del Paese colpito
dal sisma del gennaio scorso
Era il 12 gennaio di quest’anno quando violentissime scosse di sismiche devastarono
Haiti. Oltre 220 mila vittime e danni materiali incalcolabili hanno messo in ginocchio
il Paese caraibico, uno dei più poveri della Terra che, tutt’oggi, vive drammaticamente
un’emergenza terremoto mai risolta, nonostante la solidarietà internazionale si sia
subito messa in moto. Oggi a Port au Prince si riunisce la Commissione per la valutazione
dei piani di ricostruzione. Ma qual è la situazione oggi ad Haiti? Giancarlo La
Vella lo ha chiesto a Paolo Beccegato, responsabile dell’area internazionale
di Caritas Italia, in partenza proprio alla volta di Haiti:
R. – E’
una fase di grande fermento, sia sociale che politica. E’ un momento molto delicato
per il Paese, con manifestazioni – anche ieri ce ne è stata una – con momenti di grave
tensione. Dobbiamo sempre contestualizzare il disastro avvenuto in una realtà complessiva
che resta estremamente povera e fragile, non solo dal punto di vista sociale ed economico,
ma anche dal punto di vista politico. Ad oggi la situazione é ancora molto delicata,
perché i piani di ricostruzione, con un governo debole e contestato, come quello in
carica, e con le elezioni rinviate, non sono ancora stati messi a punto. Siamo ancora
in una fase in cui, di fatto, si gestisce l’emergenza, si gestiscono i campi profughi;
ci sono persone che vagano nel Paese alla ricerca di situazioni migliori, chi scappa
ancora dalla capitale, chi vi rientra, perché altrove ha trovato delle situazioni
peggiori. Effettivamente, quindi, siamo in una situazione molto delicata, molto instabile
e molto frammentaria.
D. – La situazione di malcontento tra la popolazione
haitiana da quali carenze nella macchina degli aiuti è stata causata?
R.
– Penso che un elemento evidente resti quello della debolezza delle istituzioni locali.
Se chi deve dare le autorizzazioni non le dà, perché non ha fatto un minimo di pianificazione
non solo precedente, ma anche successiva al terremoto, tutta la macchina degli aiuti
rimane bloccata. Evidentemente, la morte di circa 230 mila persone, il crollo di tutte
le strutture e la promessa di grandi aiuti internazionali, di miliardi di dollari,
non si sta trasformando in fatti concreti, in fatti evidenti, visibili. Quindi i problemi
sono ancora quelli di cibo, acqua, malattie, tende. Inoltre, registriamo flussi di
profughi al nord, all’interno e fino a tutto l’ovest del Paese. E nella gente tutto
questo provoca la perdita di ogni speranza.
D. – In
questa situazione come riesce ad operare la Caritas?
R.
– C’é un lavoro minuzioso della Caritas insieme con tutta la Chiesa locale: abbiamo
appena rifinanziato la costruzione di un banco agricolo con dei magazzini per sementi
ed abbiamo appena fatto lavoro per aprire pozzi idrici in varie parrocchie. Anche
questi piccoli segni sono importanti, perché danno, ad esempio, l’acqua potabile ad
un villaggio. Questa miriade di piccoli interventi quotidiani penso sia un bel segno
per la popolazione haitiana. Purtroppo è insufficiente, però certamente, per chi lo
riceve, spesso dà vita e sollievo concreti.