Il Vangelo del giovane ricco. Il Papa: non ci salva ciò che passa, ma l’amicizia con
Dio
Benedetto XVI, ieri, nella Solennità dell’Assunzione, ha pregato perché sia rafforzata
la nostra fede nella vita eterna, in quel regno dei cieli che non è una pura astrazione
ma l’amore concreto di Dio che vince ogni morte. E il Vangelo della liturgia odierna
ci propone la vicenda del giovane ricco che incontra Gesù per chiedergli cosa debba
fare per avere la vita eterna, lui che già osserva tutti i comandamenti. Su questa
pagina il Papa si è soffermato più volte nelle sue catechesi. Ce ne parla Sergio
Centofanti.
Il Papa lo
ha ripetuto spesso lungo il suo Pontificato: la fede non è un cumulo di proibizioni
e divieti, come talora viene presentato e vissuto, ma l’incontro liberante con Dio
che mi ama:
“Il cristianesimo non è un moralismo, non siamo noi che
dobbiamo fare quanto Dio si aspetta dal mondo, ma dobbiamo innanzitutto entrare in
questo mistero ontologico: Dio si dà Egli stesso. Il suo essere, il suo amare precede
il nostro agire e nel contesto … dello stare in Lui … possiamo anche noi agire con
Cristo. L’etica è conseguenza dell’essere: prima il Signore ci dà un nuovo essere,
questo è il grande dono; l’essere precede l’agire … dobbiamo solo agire secondo la
nostra nuova identità. Quindi non è più un’obbedienza esteriore … ma una realizzazione
del dono del nuovo essere”. (Discorso al Pontificio Seminario Romano Maggiore, 13
febbraio 2010)
E’ la legge dell’amore di Dio e del prossimo che
riassume tutti i comandamenti. Ma occorre essere uniti a Cristo come tralci alla vite:
“E
chi è unito con Cristo … vive da questa nuova legge, non chiede: ‘posso fare questo
o no?’, ‘devo fare questo o no?’, ma vive in questo entusiasmo dell’amore che non
domanda: ‘questo è necessario oppure proibito’, ma vuol semplicemente, nella creatività
dell’amore, vivere con Cristo e per Cristo e dare tutto se stesso per Cristo e così
entrare nella gioia del portare frutto”.
Solo così possiamo diventare
intimi di Dio:
“Non più servi che obbediscono a un ordine, ma amici
che conoscono, che sono uniti nella stessa volontà, nello stesso amore”.
Gesù
propone al giovane ricco la via della perfezione. Ma qual è la perfezione della fede?
“La
perfezione, cioè l’essere buono, il vivere la fede e l’amore, è sostanzialmente una,
ma in forme molto diverse. Molto diversa è la santità di un certosino e di un uomo
politico, di uno scienziato o di un contadino, e via dicendo. … Tutto è importante
agli occhi di Dio: è bello se è vissuto sino in fondo con quell’amore che realmente
redime il mondo … E così per ogni uomo Dio ha il suo progetto e io devo trovare, nelle
mie circostanze, il mio modo di vivere questa unica e comune volontà di Dio le cui
grandi regole sono indicate in queste esplicazioni dell’amore. E cercare quindi anche
di compiere ciò che è l’essenza dell’amore, cioè non prendere la vita per me, ma dare
la vita; non ‘avere’ la vita, ma fare della vita un dono, non cercare me stesso, ma
dare agli altri”. (Discorso ai giovani, 25 marzo 2010)
Gesù invita
il giovane ad abbandonare tutte le ricchezze per seguirlo, ma questi se ne va via
triste, perché ha molti beni:
“La ricchezza, pur essendo in se un
bene, non va considerata un bene assoluto. Soprattutto non assicura la salvezza, anzi
potrebbe persino comprometterla seriamente … E’ saggezza e virtù non attaccare il
cuore ai beni di questo mondo, perché tutto passa, tutto può finire bruscamente. Il
tesoro vero che dobbiamo ricercare senza sosta per noi cristiani sta nelle ‘cose di
lassù, dove si trova Cristo assiso alla destra del Padre’”. (Angelus, 5 agosto 2007)