Solennità dell'Assunta. Il Papa: il cristianesimo non annuncia una salvezza astratta
ma l'eternità di ciò che amiamo
Il Cristianesimo non annuncia una salvezza astratta dell’anima in un impreciso al
di là, ma promette la vita eterna, dove niente di ciò che ci è più caro andrà in rovina,
ma continuerà a vivere grazie all’amore di Dio. E’ quanto ha detto questa mattina
il Papa durante la Messa presieduta nella parrocchia di San Tommaso da Villanova a
Castel Gandolfo, nella Solennità dell’Assunzione. Benedetto XVI ha invitato tutti
i cristiani a costruire, già qui sulla terra, il mondo nuovo che non passerà. A mezzogiorno,
il tradizionale appuntamento dell’Angelus, nel cortile del Palazzo Apostolico della
cittadina laziale. Il servizio di Sergio Centofanti.
(canto)
“Noi
crediamo che Maria, come Cristo suo Figlio, ha già vinto la morte e trionfa già nella
gloria celeste nella totalità del suo essere, «in anima e corpo»”.
Nell’omelia
il Papa ricorda la formulazione del dogma dell’Assunzione, proclamato 60 anni fa da
Pio XII. Maria dunque ci precede, ma quali sono – si chiede il Papa – “le radici di
questa vittoria sulla morte prodigiosamente anticipata in Maria?”:
“Le
radici stanno nella fede della Vergine di Nazareth … una fede che è obbedienza alla
Parola di Dio e abbandono totale all’iniziativa e all’azione divina … La fede, dunque,
è la grandezza di Maria, come proclama gioiosamente Elisabetta: Maria è «benedetta
fra le donne» … perché crede e vive in maniera unica la «prima» delle beatitudini,
la beatitudine della fede”.
Maria, Assunta in cielo, non è lontana
da noi – afferma il Papa, che spiega cosa significhi il “cielo”:
“Noi
tutti oggi siamo ben consapevoli che col termine «cielo» non ci riferiamo ad un qualche
luogo dell’universo … no! Ci riferiamo a qualcosa di molto più grande e difficile
da definire con i nostri limitati concetti umani. Con questo termine ‘cielo’ vogliamo
affermare che Dio, il Dio fattosi vicino a noi non ci abbandona neppure nella morte
e oltre di essa, ma ha un posto per noi e ci dona l’eternità”.
Per
spiegare questa realtà Benedetto XVI si riferisce alla memoria, impressa nei nostri
cuori, di quanti abbiamo amato e sono morti. Una parte di loro continua a vivere in
noi, “ma è come un’«ombra» perché anche questa sopravvivenza nel cuore dei propri
cari è destinata a finire”: “Dio invece non passa mai e noi tutti esistiamo
in forza del Suo amore; esistiamo perché egli ci ama, perché egli ci ha pensati e
ci ha chiamati alla vita. Esistiamo nei pensieri e nell’amore di Dio. Esistiamo in
tutta la nostra realtà, non solo nella nostra 'ombra'. La nostra serenità, la nostra
speranza, la nostra pace si fondano proprio su questo: in Dio … nel suo amore creatore,
noi siamo custoditi e introdotti con tutta la nostra vita, con tutto il nostro essere
nell’eternità. E’ il suo Amore che vince la morte e ci dona l’eternità, ed è questo
amore che chiamiamo «cielo»: Dio è così grande da avere posto anche per noi”.
“E Gesù, che è vero Dio e vero uomo – ha proseguito il Papa – “è per
noi la garanzia” che l’uomo e Dio “possono esistere e vivere eternamente l’uno nell’altro.
Questo vuol dire che di ciascuno di noi non continuerà ad esistere solo una parte
che ci viene, per così dire, strappata, mentre altre vanno in rovina; vuol dire piuttosto
che Dio conosce ed ama tutto l’uomo, ciò che noi siamo”:
“E Dio
accoglie nella Sua eternità ciò che ora, nella nostra vita, fatta di sofferenza e
amore, di speranza, di gioia e di tristezza, cresce e diviene. Tutto l’uomo, tutta
la sua vita viene presa da Dio ed in Lui, purificata, riceve l’eternità. Cari Amici!
Io penso che questa è una verità che ci deve riempire di gioia profonda. Il Cristianesimo
non annuncia solo una qualche salvezza dell’anima in un impreciso al di là, nel quale
tutto ciò che in questo mondo ci è stato prezioso e caro verrebbe cancellato, ma promette
la vita eterna, «la vita del mondo che verrà»: niente di ciò che ci è prezioso e caro
andrà in rovina, ma troverà pienezza in Dio”.
Il cristianesimo –
ha detto con forza il Papa - dona una speranza forte in un futuro luminoso e “noi
siamo chiamati, proprio come cristiani, ad edificare questo mondo nuovo, a lavorare
affinché diventi un giorno il «mondo di Dio», un mondo che sorpasserà tutto ciò che
noi stessi potremmo costruire. In Maria Assunta in cielo, pienamente partecipe della
Risurrezione del Figlio, noi contempliamo la realizzazione della creatura umana secondo
il «mondo di Dio»”. Il Papa ha concluso la sua omelia con questa invocazione:
“Preghiamo
il Signore affinché ci faccia comprendere quanto è preziosa ai Suoi occhi tutta la
nostra vita; rafforzi la nostra fede nella vita eterna; ci renda uomini della speranza,
che operano per costruire un mondo aperto a Dio, uomini pieni di gioia, che sanno
scorgere la bellezza del mondo futuro in mezzo agli affanni della vita quotidiana
e in tale certezza vivono, credono e sperano”.
(canto) Il Papa, al termine della Messa, attorniato dalla folla festante dei fedeli,
è tornato nel Palazzo Apostolico di Castel Gandolfo per la preghiera dell’Angelus,
a mezzogiorno. In quest’occasione ha ricordato che “la venerazione verso la Vergine
Maria accompagna fin dagli inizi il cammino della Chiesa”. “Artisti d’ogni epoca –
ha sottolineato - hanno dipinto e scolpito la santità della Madre del Signore adornando
chiese e santuari. Poeti, scrittori e musicisti hanno tributato onore alla Vergine
con inni e canti liturgici. Da Oriente a Occidente la Tuttasanta è invocata Madre
celeste, che sostiene il Figlio di Dio fra le braccia e sotto la cui protezione trova
rifugio tutta l’umanità”. Quindi ha recitato un’antichissima preghiera a Maria:
“Sotto
la tua protezione cerchiamo rifugio, Santa Madre di Dio: non disprezzare le suppliche
di noi che siamo nella prova, ma liberaci da ogni pericolo, o Vergine gloriosa e benedetta”.