Il Magnificat di Maria, speranza di poveri e oppressi: la testimonianza del parroco
di Scampia
Nell’odierna Festa dell’Assunzione le parole del Cantico del Magnificat, con cui Maria
loda e ringrazia Dio, riecheggiano con rinnovato spirito d’amore in ogni terra, anche
nei luoghi dove soprusi e violenze cercano di uccidere la speranza. E’ quanto sottolinea
al microfono di Fabio Colagrande, don Francesco Minervino,parroco
della chiesa di Maria Santissima Assunta a Scampìa, quartiere di Napoli che cerca
di liberarsi dalla presenza della criminalità organizzata:
R. – Credo
che sia la forza della parola di Maria che ci aiuta. Ha rovesciato i potenti dai troni,
ha innalzato gli umili, ha ricolmato di beni di affamati, ha rimandato i ricchi a
mani vuote … E’ un canto di speranza come quello della Festa dell’Assunzione della
Vergine al Cielo! Poi, per quanto riguarda proprio la vita concreta della nostra gente
in anima e corpo - almeno questo è il fondamento di questo dogma – questa festa ci
dice che, anche se sembra nell’immediato che vinca la realtà del male, alla fine noi
crediamo che sia il Bene, l’Assunzione, la forza della Risurrezione che redime tutto:
non solo la vita nascosta, la vita spirituale, quella del mistero, ma anche la vita
concreta. Per questo abbiamo bisogno di Lei nel nostro cammino quotidiano.
D.
– La Festa dell’Assunta è un’occasione di speranza: lo ha detto il vostro arcivescovo,
il cardinale Sepe. “’a Maronn’ c’accumpagn’” è un po’ il suo slogan pastorale. C’è
tanto bisogno di speranza, a Napoli, soprattutto nei quartieri di periferia, oggi?
R.
– Spesso viene rimproverato ai cristiani di pensare troppo al Cielo, alle cose che
sembrano astratte, di non essere legati ai veri problemi della Terra. Maria ci fa
vedere che è possibile questa sintesi tra il Cielo e la Terra, e questa è la speranza
cristiana. Non è: “Andiamo avanti, tiriamo a campare”; Lei, guardando il Cielo e sentendo
che in Lei il Cielo è sceso, guarda al mondo con fiducia, collabora con Dio perché
il suo Regno venga: questo è fondamentale per il nostro essere Chiesa in questi territori.
D.
– Quale ruolo riesce ad avere la Chiesa, oggi, su un territorio come quello delle
periferie napoletane, alle prese con criminalità, droga, mancanza di lavoro e di futuro
per tanti giovani?
R. – Il camminare insieme è anche la forza vera della
speranza. Il fatto di restare su questo territorio, anche in questi territori dove
non è facile vivere e dove non è nemmeno facile venire … ci accorgiamo che restare
è la caratteristica della Chiesa: la Chiesa ci sta con questo nostro popolo, condivide;
però, si sente anche l’amarezza di condividere quella che poi è la paura più grande
che porta alla disperazione e allo scoraggiamento, ed è quella appunto di essere isolati.
Ecco perché la Chiesa ha questo impegno in questi territori: la Chiesa deve restare,
resta sempre, in ogni momento, in ogni situazione. Anzi, rafforza la sua presenza.
Crediamo fermamente ad una presenza costante di sacerdoti, in modo particolare, per
dire appunto: “Noi qui viviamo la nostra esperienza, anche di fede”.
D.
– Don Francesco, quale preghiera ha rivolto oggi alla Madonna, pensando proprio alla
sua parrocchia, alla sua città?
R. – Una preghiera di ringraziamento
per il grande dono di Maria che il Signore ci ha fatto, di quel cantico che Maria
ci consegna. Un grazie per averci donato questa Benedetta tra le donne. Un grazie
per quel suo “Magnificat” che apre il nostro cuore alla speranza e nello stesso tempo
ci impegna a fare la nostra parte, proprio come ha fatto Lei, pensando anche a tutte
quelle persone che in questo Ferragosto certamente sono segnate da tristezza per la
mancanza di un posto di lavoro, la sicurezza di una casa, per il dramma di famiglie
che non esistono più, di figli che sono imprigionati nelle realtà materiali, non solo
quelle delle devianze come la droga o la violenza … Veramente, chiediamo al Signore
attraverso l’intercessione di Maria, che quella speranza che per noi non è uno slogan,
ma è la realtà di una presenza, veramente raggiunga il cuore di tutti. (Montaggio
a cura di Maria Brigini)