Il commento di padre Bruno Secondin al Vangelo della Solennità dell'Assunzione
Nella Solennità dell’Assunzione, la liturgia ci propone il Vangelo della visita di
Maria alla cugina Elisabetta. Dalle due donne, entrambe incinte, sgorgano canti di
esultanza. Quello di Maria è il Magnificat:
“L’anima mia magnifica il Signore
e il mio spirito esulta in Dio, mio salvatore, perché ha guardato l’umiltà della sua
serva. D’ora in poi tutte le generazioni mi chiameranno beata”.
Su questo
brano del Vangelo, ascoltiamo il commento del padre carmelitano Bruno Secondin,
docente di Teologia spirituale alla Pontificia Università Gregoriana:
Due donne
incinte, due maternità misteriose: un incontro che genera subito una intesa. L’anziana
Elisabetta canta la sua meraviglia per la visita della giovane, e la paragona alla
visita dell’arca santa. La giovane Maria riconosce la benevolenza di Dio perché ha
scelto anche questa volta i piccoli e i fragili per fare cose grandi. I canti si intrecciano,
i corpi esultano, nella fede gli occhi di entrambe collocano le sensazioni intime
in orizzonti più ampi: quelli della fedeltà generosa di Dio, fonte di speranza. In
un periodo come questo estivo, in cui i pensieri sul corpo e la vita sembrano inseguire
valori strani e fatui, le due donne incinte ci parlano del mistero della vita, della
gioia misteriosa della fecondità, di una danza felice e di una presenza amica. Maria
ed Elisabetta ci aiutano a ripensare la bellezza della vita, ma anche la finalità
del nostro vivere: è un continuo dono di Dio. Ci è affidato con generosità, ma è orientato
ad una pienezza che solo la fede intravede. Eppure sono troppi coloro che non vedono
niente, che rotolano corpo e anima verso il vuoto. Maria ci aiuti a mettere rimedio,
a testimoniare e amare la vita piena.