Wikileaks rende pubblici 15 mila documenti sul conflitto afghano
Nonostante le critiche roventi da parte del Pentagono, ma anche di “Reporter Senza
Frontiere”, l’organizzazione Wikileaks ha annunciato che pubblicherà altri documenti
secretati sulla guerra in Afghanistan. Il fondatore di Wikileaks, Julian Assange,
ha reso nota, ieri a Londra, la prossima pubblicazione di 15 mila nuovi documenti
sull’andamento del conflitto afghano. Un annuncio che pone innanzitutto un interrogativo
sull’accessibilità a delle fonti che dovrebbero essere “blindate”. Michele Raviart
ha chiesto un commento al riguardo al generale Fabio Mini, ex Capo di
stato maggiore delle forze Nato del sud Europa:
R. – Ci deve
essere qualcuno all’interno che fornisce questi dati. Non tutti quei messaggi – io
ne ho visti alcuni – sono di dominio pubblico o anche di dominio diffuso nello stesso
ambito delle forze armate. Poi però bisognerà vedere, alla fine di tutto questo "gioco",
chi è che ci guadagna veramente. Penso che, tutto sommato, ci sarà un grosso ripensamento
su tutti gli interventi militari, non solo americani, ma anche della Nato nel mondo.
D.
– Alla luce di questi 15 mila documenti, ancora da verificare, ci saranno delle ricadute
sul campo?
R. – Sul campo, le dinamiche sono molto più lente. Le operazioni
tattiche sono quelle che ne risentono di meno. Certo c’è un fattore fondamentale:
siccome si tratta di un’operazione multinazionale, la fiducia tra gli alleati può
essere messa a rischio da questioni evanescenti. Quando la fiducia viene a mancare,
perché magari ci sono delle osservazioni o dei commenti che non sono particolarmente
buoni, anche sul campo si sente, soprattutto a livello di comandanti, il “fall-out”,
la ricaduta di queste azioni.
D. – Comunque c’è chi sminuisce queste
informazioni...
R. – Io sono stato comandante e ho visto passare questo
tipo di informazioni nei nostri schermi, che poi sono altamente protetti, a migliaia
di soggetti. Dico la verità, mi sembrano significativi. Non parteggio per gli hackers.
Sono contro quelli che mettono a repentaglio la vita degli altri. Una volta, però,
in guerra, tutto era segreto e tutto doveva essere segreto. Oggi non si può andare
avanti soltanto con operazioni segrete, di cui i risultati sono sempre ignoti. La
gente ha più sensibilità per la guerra, più sensibilità per le perdite e anche più
sensibilità perché vuole essere informata. Continuare a nascondere anche le cose minori
mi sembra un controsenso.
D. – Comunque sul fronte internazionale, in
particolare negli Stati Uniti, c’è una forte preoccupazione su questa diffusione di
documenti...
R. – Non biasimo nessuno negli Stati Uniti. E' normale
che negli Stati Uniti se la siano presa particolarmente a cuore o stiano cercando
di denunciare questa gente che, in effetti, svelando informazioni mette anche a repentaglio
la vita di informatori, di agenti e soprattutto mette a repentaglio l’ambiente operativo
nel quale le forze occidentali dovrebbero operare.