I cattolici in India promuovono l’integrazione dei tribali contro le discriminazioni
Riconoscere la dignità di una popolazione è l'impegno cui tutti sono chiamati a favore
dei tribali in India. La comunità cattolica si è da sempre impegnata a fianco dei
tribali per promuovere l'eliminazione di ogni forma di discriminazione. Tra gli organismi
attivi c'è il Centro cattolico per l'aiuto legale e i diritti umani (Shakti), diretto
dal gesuita Jebamalai Stany. Oggi in India, l'8 per cento della popolazione è costituito
da tribali, definiti «tribù schedate» dalla Costituzione indiana. La popolazione indigena
costituisce il segmento più vulnerabile e discriminato della società. Dal 1990, circa
8,5 milioni di tribali sono stati allontanati dalle terre di origine e vivono in condizioni
di estrema povertà. Secondo padre Stany, la loro identificazione come «tribù schedate»
non ha portato alcun beneficio, anzi, puntualizzare «lo status di tribali è diventato
un modo per togliere loro ogni diritto, in particolare per quanto concerne il lavoro
agricolo». In particolare, l'organismo cattolico pone in rilievo lo sfruttamento delle
terre in cui vivono i tribali da parte delle grandi multinazionali: «Le terre, le
foreste e i minerali — cita L’Osservatore Romano — sono depredati per scopi commerciali».
Quella dei tribali è diventata una questione politico-sociale centrale in India, secondo
padre Stany. Per troppo tempo, si rileva, la situazione dei tribali è stata tenuta
al margine del dibattito nazionale. Fra l'altro, «anche la legge per l'estensione
delle aree tribali, scritta nel 1996 con l'intento di dare agli indigeni il diritto
all'autogoverno, tramite il riconoscimento dei diritti sullo sfruttamento delle risorse
naturali, è per ora rimasta lettera morta». Il gesuita ricorda che oggi i tribali
«non hanno alcuna possibilità di parola nei processi decisionali che li riguardano,
nonostante i loro diritti sulle risorse naturali siano stati infranti con la frode».
Assicurare i diritti ai tribali, si afferma, «significa promuoverne l'integrazione,
un passo necessario per migliorare la loro partecipazione alla vita del Paese e per
migliorare la loro condizione». «Chiediamo – conclude il gesuita – che ai tribali
venga riconosciuto il rispetto che meritano e il giusto posto nella società e, inoltre,
auspichiamo che la Costituzione venga emendata, sostituendo il termine “tribù schedate”
con quello di “popolazione indigena”». I missionari cattolici sono presenti in varie
aree dell'India per dare sostegno ai tribali. Un gruppo di religiosi, per esempio,
opera nella diocesi di Miao, nell'India nordorientale. La diocesi è guidata dal vescovo
George Pallipparambil che ha avviato da tempo una campagna di evangelizzazione nei
villaggi più remoti della regione dell'Himalaya, dove si estende il territorio diocesano.
«Il numero dei tribali che si convertono — evidenzia monsignor Pallipparambil — è
in aumento e sono sempre più numerose le persone dei villaggi che offrono collaborazione
alle attività religiose. Questo ci dà ogni giorno la testimonianza di come lo Spirito
agisca e conquisti i cuori a Cristo». La Chiesa, aggiunge, «è fortemente impegnata
nel campo dell'istruzione e dello sviluppo sociale, costruendo seminari, scuole, dispensari,
centri sanitari, per venire incontro alle esigenze dei più poveri». (C.F.)