2010-08-13 16:14:02

I cattolici in India promuovono l’integrazione dei tribali contro le discriminazioni


Riconoscere la dignità di una popolazione è l'impegno cui tutti sono chiamati a favore dei tribali in India. La comunità cattolica si è da sempre impegnata a fianco dei tribali per promuovere l'eliminazione di ogni forma di discriminazione. Tra gli organismi attivi c'è il Centro cattolico per l'aiuto legale e i diritti umani (Shakti), diretto dal gesuita Jebamalai Stany. Oggi in India, l'8 per cento della popolazione è costituito da tribali, definiti «tribù schedate» dalla Costituzione indiana. La popolazione indigena costituisce il segmento più vulnerabile e discriminato della società. Dal 1990, circa 8,5 milioni di tribali sono stati allontanati dalle terre di origine e vivono in condizioni di estrema povertà. Secondo padre Stany, la loro identificazione come «tribù schedate» non ha portato alcun beneficio, anzi, puntualizzare «lo status di tribali è diventato un modo per togliere loro ogni diritto, in particolare per quanto concerne il lavoro agricolo». In particolare, l'organismo cattolico pone in rilievo lo sfruttamento delle terre in cui vivono i tribali da parte delle grandi multinazionali: «Le terre, le foreste e i minerali — cita L’Osservatore Romano — sono depredati per scopi commerciali». Quella dei tribali è diventata una questione politico-sociale centrale in India, secondo padre Stany. Per troppo tempo, si rileva, la situazione dei tribali è stata tenuta al margine del dibattito nazionale. Fra l'altro, «anche la legge per l'estensione delle aree tribali, scritta nel 1996 con l'intento di dare agli indigeni il diritto all'autogoverno, tramite il riconoscimento dei diritti sullo sfruttamento delle risorse naturali, è per ora rimasta lettera morta». Il gesuita ricorda che oggi i tribali «non hanno alcuna possibilità di parola nei processi decisionali che li riguardano, nonostante i loro diritti sulle risorse naturali siano stati infranti con la frode». Assicurare i diritti ai tribali, si afferma, «significa promuoverne l'integrazione, un passo necessario per migliorare la loro partecipazione alla vita del Paese e per migliorare la loro condizione». «Chiediamo – conclude il gesuita – che ai tribali venga riconosciuto il rispetto che meritano e il giusto posto nella società e, inoltre, auspichiamo che la Costituzione venga emendata, sostituendo il termine “tribù schedate” con quello di “popolazione indigena”». I missionari cattolici sono presenti in varie aree dell'India per dare sostegno ai tribali. Un gruppo di religiosi, per esempio, opera nella diocesi di Miao, nell'India nordorientale. La diocesi è guidata dal vescovo George Pallipparambil che ha avviato da tempo una campagna di evangelizzazione nei villaggi più remoti della regione dell'Himalaya, dove si estende il territorio diocesano. «Il numero dei tribali che si convertono — evidenzia monsignor Pallipparambil — è in aumento e sono sempre più numerose le persone dei villaggi che offrono collaborazione alle attività religiose. Questo ci dà ogni giorno la testimonianza di come lo Spirito agisca e conquisti i cuori a Cristo». La Chiesa, aggiunge, «è fortemente impegnata nel campo dell'istruzione e dello sviluppo sociale, costruendo seminari, scuole, dispensari, centri sanitari, per venire incontro alle esigenze dei più poveri». (C.F.)







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