Aumentano i casi di eutanasia in Olanda: +13% rispetto nel 2009. Lo riferiscono i
media olandesi, citando l'ultimo rapporto annuale della commissione che monitora l'applicazione
della legge sulla morte assistita. Il rapporto rileva che 9 medici non hanno rispettato
la legge sull'eutanasia, che impone di assicurarsi che i pazienti facciano una scelta
autonoma ed informata. Inoltre, con l'aumento del ricorso all'eutanasia, l'Associazione
olandese per la morte volontaria vorrebbe dare vita ad una clinica per la cosiddetta
“dolce morte”. Paolo Ondarza ha raccolto il parere del prof. Lucio Romano,
presidente di Scienza e Vita.
R. – E’ sicuramente
la testimonianza tangibile di una deriva che origina dalla ratificazione, sotto il
profilo legislativo, del testamento biologico, della disponibilità cioè della propria
vita e della partecipazione di medici a forme di eutanasia attiva.
D.
– Il rapporto rileva, sempre nel 2009, che sono stati 9 i medici che non hanno rispettato
la legge sull’eutanasia, che impone di assicurarsi che i pazienti facciano una scelta
autonoma e informata...
R. – Un paziente che è completamente abbandonato
a se stesso, che non ha alcuna relazione di vicinanza, di prossimità, di assistenza
per quanto riguarda sia la famiglia che la società, mi chiedo in che misura possa
fare una scelta di questo genere in maniera autonoma, vale a dire che non potrà fare
altro che prendere una decisione “autonoma”, ma in una profonda solitudine che contraddice
quello che è il fondamento della relazione medico-paziente.
D. – I casi
di eutanasia in Olanda nel 2009 sono stati 2636, ovvero il 2 per cento del totale
dei decessi in Olanda...
R. – Ci ritroviamo di fronte a valori percentuali
che sono veramente terrificanti. Allora, io devo dire: ben venga prima di tutto una
presa di posizione di completa opposizione a quella che viene presa come modello,
il modello cosiddetto Olanda, che già da tempo viene preso come punto di considerazione,
come forma di civiltà assistenziale. Non è assolutamente un modello, ma diciamo invece
che è un modello negativo. Dall’altro, invece, è necessario implementare il dibattito
in corso in Italia sulla legge in discussione alla Camera. Ben venga una legge che
tuteli non solo la salute del paziente stesso, la vicinanza, la prossimità, l’assistenza,
la responsabilizzazione e che non vada a mistificare appunto forme eutanasiche. Ecco
perché io ritengo che sia quanto mai opportuno che il dibattito in Italia riprenda
e riprenda al più presto.
D. – A proposito del dibattito in Italia,
viene da chiedersi se effettivamente il tempo sta passando, perché si sta elaborando
un testo che tenga conto appunto della delicatezza dell’argomento o se invece l’argomento
è passato in secondo piano e non interessa l’agenda dei politici...
R.
– Devo dire che lo sforzo che è stato fatto dalla 12.ma Commissione alla Camera per
l'analisi della legge sulle dichiarazioni anticipate di trattamento è davvero encomiabile,
perché ha posto in evidenza alcune problematicità e ha cercato di trovare una soluzione
che sia più corrispondente a valori fondativi: appunto quello della tutela della vita,
la dignità della persona e l’autonomia del paziente. Certo però bisogna anche dire
che venga messa all’ordine del giorno alla Camera la ripresa dei lavori parlamentari
al più presto, il dibattito sulla legge stessa, e che non si procrastini ulteriormente,
perché il procrastinare potrebbe significare invece una sorta di volontà a rimandare
una legge di cui l’Italia ha assolutamente bisogno, e senza che si aspetti un nuovo
caso Englaro per accelerare le procedure.