Rischio di nuove tensioni nel Caucaso. L’esercito russo ha installato missili per
la difesa antiaerea nella regione georgiana secessionista dell'Abkhazia, riconosciuta
da Mosca, insieme con l’altra regione separatista dell'Ossezia del sud, dopo il conflitto
con la Georgia dell’agosto 2008. Quali obiettivi si pone, dunque, Mosca, con il dislocamento
di armamenti antiaerei nella zona caucasica a ridosso della Georgia? Giancarlo
La Vella lo ha chiesto al vicedirettore di Famiglia Cristiana, Fulvio Scaglione,
esperto dell’area ex sovietica:
R. - Naturalmente,
c’è l’intento di ribadire il proprio appoggio alla causa indipendentista dell’Abkhazia;
dall’altra parte, l’Abkhazia è stata riconosciuta ufficialmente dalla Russia e quindi
questa è la prosecuzione di un certo tipo di politica che poi è quella che ha avuto
il suo culmine negativo due anni fa, nella guerra tra Georgia e Russia. Ma poi c’è
anche un altro intento - secondo me - meno tattico e più strategico, che è quello
di dimostrare che la Russia non perde assolutamente, o non vuole perdere assolutamente,
la sua presa sul Caucaso che è da anni la regione più problematica della Federazione
Russa.
D. - Questo per motivi non solo territoriali, ma anche di tipo
economico?
R. - I motivi sono molteplici. La Russia in generale reclama
la propria influenza su quello che viene definito lo spazio post-sovietico. Nel caso
del Caucaso, ci sono due aggravanti: uno è che è parte della Federazione Russa a tutti
gli effetti, naturalmente Georgia esclusa. In secondo luogo, il Caucaso è anche forse
“la” zona dove, negli anni dell’amministrazione Bush, gli Stati Uniti sono riusciti
più proficuamente ad inserirsi con quel conseguimento economico ma anche politicamente
strategico dell’oleodotto che congiunge Baku, Tblisi e Ceyhan in Turchia, e che è
stato una specie di colpo di rasoio inflitto alla Russia proprio nelle sue regioni
meridionali.
D. - Quali sono le previsioni degli osservatori internazionali?
Il Caucaso rischia di esplodere di nuovo, prima o poi?
R. - Il Caucaso
è da molti anni in una perenne ebollizione. C’è stato il dramma, atroce, della Cecenia
ma insomma, un po’ in tutte le Repubbliche del Caucaso non si contano gli attentati,
i morti, i rapimenti, tutto questo genere di criminalità ordinaria però a braccetto
con le pulsioni indipendentiste, politiche, islamiste, eccetera. Va anche detto, però,
che il Caucaso è sempre stato così: è stato così anche all’epoca degli zar e non fu
così all’epoca dell’Unione Sovietica solo perché l’Unione Sovietica adottò da un lato
deportazioni di massa come nel caso dei ceceni o degli azeri o di altre popolazioni;
e dall’altro lato, però, lasciò mano libera alle élite locali che sono le stesse élite
che da sovietiche si sono poi riconvertite in democratiche al crollo dell’Unione Sovietica.