Rossini Opera Festival inaugurato con due rarità assolute
Si è inaugurato con due rarità assolute, riesumate dalla dimenticanza della storia,
la 31ma edizione del Rossini Opera Festival: “Sigismondo” e “Demetrio e Polibio” sono
state eseguite al Teatro Rossini alla presenza di critici e pubblico giunti da ogni
parte del mondo. Una eccellenza culturale e artistica che conferma il Festival pesarese
come uno degli appuntamenti imperdibili che conserva, fin dal suo nascere, la missione
di scoprire i capolavori anche sconosciuti di uno dei più grandi e imprevedibili compositori
di tutti i tempi. Già annunciati i titoli del prossimo anno, tra i quali brillano
“Mosè in Egitto” e “Adelaide di Borgogna”. Il servizio di Luca Pellegrini.
Matti veri
nel nosocomio della storia e fantasmi scatenati col pallino del palcoscenico: non
c’è che dire, il Rossini Opera Festival si pone all’avanguardia anche della rappresentazione
scenica. Dimostra la vitalità di un teatro quando denso di idee, pur provocatorie.
Per “Sigismondo”, opera dimenticata e qui resuscitata per un nobile dovere culturale,
uno dei registi di punta del panorama italiano, Damiano Michieletto, le cui idee non
sono mai convenzionali, deposita la vicenda dello sfortunato re di Polonia, impazzito
per un crimine di quindici anni prima, nell’asettica corsia di un ospedale, coi suoi
letti e i suoi degenti scatenati: quando un libretto, che è bislacco dall’inizio alla
fine, non è credibile, interviene la regia a creare uno spettacolo che disturba e
affascina: si parla di morte, orrore, terrore, tradimento, crudeltà, fatalità barbara,
deliri, cori scoppiati. Un catalogo di oscuri sentimenti e di anime perse che si muovono
a scatti, impauriti, assediati dalla follia dei folli. Spettacolo che nella sua “spiacevolezza”,
pensato e rifinito in tutti i particolari, diretto con sicurezza e drammaticità da
Michele Mariotti, non lascia indifferenti, pone questioni, fa parlare. E su tutti
gli sventurati protagonisti primeggia la voce e la presenza scenica straordinaria
di Daniela Barcellona, che in scena è sporca, vestita di stracci,
indebolita dalla follia, terrorizzata dalla realtà, piegata e piagata dalla vita e
dai rimorsi. Un personaggio difficile, estremo. Lei come ha affrontato questa nuova
sfida?
R. – E’ costato molto, soprattutto per superare la fase iniziale:
mi chiedevo se fosse stato efficace e credibile quello che io stavo facendo in scena
in quel momento, perché la più grande paura da superare è la timidezza, la paura di
fare brutta figura. Nel senso che, interpretando una parte così estrema, lo scoglio
maggiore da superare è quello di non essere ridicola e di essere credibile.
D.
- La sua bellissima e applaudita carriera si è fin dagli inizi legata al nome di Rossini.
Che cosa rappresenta per lei?
R. – E’ importantissimo, assolutamente.
E’ quello che mi ha dato tutto, è quello che tecnicamente mi ha preparato anche ad
altri tipi di repertorio. Rossini è una base fondamentale sia dal punto di vista musicale
che dal punto di vista tecnico.
Seconda riesumazione benemerita, quella
di “Demetrio e Polibio”, scritta da un Rossini quindicenne: anche qui storia irraccontabile
che dalla Grecia classica il regista David Livermore trasferisce su un palcoscenico
nudo che è, invece, un retropalco in cui, finita una recita anonima, diversi fantasmi
affollano per interpretare una classica vicenda di travestimenti e agnizioni. Momenti
musicali bellissimi riempiono gli spazi di una storia che non c’è, trilli e vocalità
abbelliscono il canto, qualche effetto speciale incuriosisce supplendo alla staticità,
e l’opera riacquista il suo posto nel catalogo affascinante del compositore pesarese.
Daniele Carnini ha curato la revisione critica della partitura: quale Rossini
veniamo a scoprire?
“Ne viene fuori un ritratto e un compositore giovanissimo,
già quasi del tutto schierato dalla parte dei moderni, come si diceva all’epoca; ne
viene fuori uno stile a volte cantabile con delle pagine sensazionali, che non per
niente Rossini ha riutilizzato varie volte e, quindi, un ritratto di un giovanissimo,
che sapeva esattamente cosa voleva e quali fossero i mezzi migliori per raggiungere
i suoi scopi”. (Montaggio a cura di Maria Brigini)