2010-08-11 15:05:57

Rossini Opera Festival inaugurato con due rarità assolute


Si è inaugurato con due rarità assolute, riesumate dalla dimenticanza della storia, la 31ma edizione del Rossini Opera Festival: “Sigismondo” e “Demetrio e Polibio” sono state eseguite al Teatro Rossini alla presenza di critici e pubblico giunti da ogni parte del mondo. Una eccellenza culturale e artistica che conferma il Festival pesarese come uno degli appuntamenti imperdibili che conserva, fin dal suo nascere, la missione di scoprire i capolavori anche sconosciuti di uno dei più grandi e imprevedibili compositori di tutti i tempi. Già annunciati i titoli del prossimo anno, tra i quali brillano “Mosè in Egitto” e “Adelaide di Borgogna”. Il servizio di Luca Pellegrini.RealAudioMP3

Matti veri nel nosocomio della storia e fantasmi scatenati col pallino del palcoscenico: non c’è che dire, il Rossini Opera Festival si pone all’avanguardia anche della rappresentazione scenica. Dimostra la vitalità di un teatro quando denso di idee, pur provocatorie. Per “Sigismondo”, opera dimenticata e qui resuscitata per un nobile dovere culturale, uno dei registi di punta del panorama italiano, Damiano Michieletto, le cui idee non sono mai convenzionali, deposita la vicenda dello sfortunato re di Polonia, impazzito per un crimine di quindici anni prima, nell’asettica corsia di un ospedale, coi suoi letti e i suoi degenti scatenati: quando un libretto, che è bislacco dall’inizio alla fine, non è credibile, interviene la regia a creare uno spettacolo che disturba e affascina: si parla di morte, orrore, terrore, tradimento, crudeltà, fatalità barbara, deliri, cori scoppiati. Un catalogo di oscuri sentimenti e di anime perse che si muovono a scatti, impauriti, assediati dalla follia dei folli. Spettacolo che nella sua “spiacevolezza”, pensato e rifinito in tutti i particolari, diretto con sicurezza e drammaticità da Michele Mariotti, non lascia indifferenti, pone questioni, fa parlare. E su tutti gli sventurati protagonisti primeggia la voce e la presenza scenica straordinaria di Daniela Barcellona, che in scena è sporca, vestita di stracci, indebolita dalla follia, terrorizzata dalla realtà, piegata e piagata dalla vita e dai rimorsi. Un personaggio difficile, estremo. Lei come ha affrontato questa nuova sfida?

R. – E’ costato molto, soprattutto per superare la fase iniziale: mi chiedevo se fosse stato efficace e credibile quello che io stavo facendo in scena in quel momento, perché la più grande paura da superare è la timidezza, la paura di fare brutta figura. Nel senso che, interpretando una parte così estrema, lo scoglio maggiore da superare è quello di non essere ridicola e di essere credibile.

D. - La sua bellissima e applaudita carriera si è fin dagli inizi legata al nome di Rossini. Che cosa rappresenta per lei?

R. – E’ importantissimo, assolutamente. E’ quello che mi ha dato tutto, è quello che tecnicamente mi ha preparato anche ad altri tipi di repertorio. Rossini è una base fondamentale sia dal punto di vista musicale che dal punto di vista tecnico.

Seconda riesumazione benemerita, quella di “Demetrio e Polibio”, scritta da un Rossini quindicenne: anche qui storia irraccontabile che dalla Grecia classica il regista David Livermore trasferisce su un palcoscenico nudo che è, invece, un retropalco in cui, finita una recita anonima, diversi fantasmi affollano per interpretare una classica vicenda di travestimenti e agnizioni. Momenti musicali bellissimi riempiono gli spazi di una storia che non c’è, trilli e vocalità abbelliscono il canto, qualche effetto speciale incuriosisce supplendo alla staticità, e l’opera riacquista il suo posto nel catalogo affascinante del compositore pesarese. Daniele Carnini ha curato la revisione critica della partitura: quale Rossini veniamo a scoprire?

“Ne viene fuori un ritratto e un compositore giovanissimo, già quasi del tutto schierato dalla parte dei moderni, come si diceva all’epoca; ne viene fuori uno stile a volte cantabile con delle pagine sensazionali, che non per niente Rossini ha riutilizzato varie volte e, quindi, un ritratto di un giovanissimo, che sapeva esattamente cosa voleva e quali fossero i mezzi migliori per raggiungere i suoi scopi”. (Montaggio a cura di Maria Brigini)







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