Il Papa all’udienza generale: martirio cristiano, atto supremo di amore. Solidarietà
con gli alluvionati
Il martirio, “forma di amore totale a Dio”, è stato il tema centrale della catechesi
di Benedetto XVI, all’udienza generale di stamani (11 agosto) al Palazzo Apostolico
di Castel Gandolfo. Il Papa ha ricordato che in questi giorni facciamo memoria di
alcuni Santi martiri, come San Lorenzo, Edith Stein e Massimiliano Kolbe, che hanno
seguito il Signore fino in fondo. Quindi, ha esortato i fedeli a seguire il loro esempio
per vincere l’egoismo e l’individualismo con l’amore di Dio che trasforma il mondo.
Salutando i pellegrini polacchi, il Papa ha rivolto un pensiero particolare a quanti
sono stati colpiti dalle alluvioni. Il servizio di Alessandro Gisotti:
Dove si fonda
il martirio? Benedetto XVI ha iniziato la sua catechesi da questo interrogativo. La
risposta, ha detto, è in realtà semplice: “Sulla morte di Gesù, sul suo sacrificio
supremo d’amore, consumato sulla Croce affinché noi potessimo avere la vita”:
“E’
la logica del chicco di grano che muore per germogliare e portare vita (cfr Gv 12,24).
Gesù è il chicco di grano venuto da Dio, il chicco di grano divino, che si lascia
cadere sulla terra, che si lascia spezzare, rompere nella morte e, proprio attraverso
questo, si apre e può così portare frutto nella vastità del mondo” .
Il
martire segue il Signore fino in fondo, ha proseguito, “accettando liberamente di
morire per la salvezza del mondo, in una prova suprema di amore”. Da dove nasce dunque
la forza per affrontare il martirio?
“Dalla profonda e intima unione
con Cristo, perché il martirio e la vocazione al martirio non sono il risultato di
uno sforzo umano, ma sono la risposta ad un’iniziativa e ad una chiamata di Dio, sono
un dono della Sua grazia, che rende capaci di offrire la propria vita per amore a
Cristo e alla Chiesa e così al mondo”.
“Se leggiamo le vite
dei martiri – ha rilevato il Papa – rimaniamo stupiti per la serenità e il coraggio
nell’affrontare la sofferenza e la morte: la potenza di Dio si manifesta pienamente
nella debolezza, nella povertà di chi si affida a Lui e ripone solo in Lui la propria
speranza (cfr 2Cor 12,9). Ma è importante sottolineare che la grazia di Dio non sopprime
o soffoca la libertà di chi affronta il martirio, ma al contrario la arricchisce e
la esalta:
“Il martire è una persona sommamente libera, libera nei
confronti del potere del mondo. Una persona libera che in un unico atto definitivo
dona a Dio tutta la sua vita, e in un supremo atto di fede, di speranza e di carità,
si abbandona nelle mani del suo Creatore e Redentore; sacrifica la propria vita per
essere associato in modo totale al Sacrificio di Cristo sulla Croce. Con una parola:
il martirio è un grande atto di amore in risposta all’immenso amore di Dio”.
Certo,
ha detto il Pontefice, “probabilmente noi non siamo chiamati al martirio”. Tuttavia,
è stata la sua esortazione, “nessuno di noi è escluso dalla chiamata divina alla santità,
a vivere in misura alta l’esistenza cristiana”:
“Tutti, soprattutto
nel nostro tempo in cui sembrano prevalere egoismo e individualismo, dobbiamo assumerci
come primo e fondamentale impegno quello di crescere ogni giorno in un amore sempre
più grande a Dio e ai fratelli per trasformare questo nostro mondo”.
Salutando
i pellegrini di lingua tedesca, il Papa ha quindi rivolto un pensiero speciale a San
Massimiliano Kolbe che, nell’inferno di Auschwitz, ha salvato un padre di famiglia
dalla morte ed ha spezzato la follia della violenza. “Questa commovente testimonianza
della fede, della speranza e dell’amore – ha detto il Papa – sollecita anche noi a
seguire Cristo e a crescere, giorno dopo giorno, nell’amore nei riguardi di Dio e
dei nostri fratelli”. Al momento dei saluti in polacco, il Pontefice ha quindi rivolto
un pensiero speciale a quanti sono stati colpiti dalle alluvioni. “Chiedo a Dio –
ha detto il Papa – che dia loro le forze per sopportare le avversità e stimoli i cuori
degli uomini di buona volontà al generoso ed efficace aiuto”.