Afghanistan: donne e bambini, principali vittime del conflitto. Intervista con de
Mistura
In Afghanistan il Ramadan è iniziato con un attentato fallito. Oggi due kamikaze sono
rimasti vittime delle loro stesse cinture esplosive, deflagrate prima di compiere
una strage nei pressi di una moschea a Farah, nella parte occidentale del Paese. Ieri
un duplice attentato suicida aveva fatto registrare 5 morti nella capitale Kabul,
mentre un razzo caduto su un’abitazione nella provincia di Logar aveva ucciso due
bambini. Donne e bimbi sono le principali vittime di questo conflitto, lo hanno sottolineato
ieri le Nazioni Unite che hanno presentato un rapporto sulle vittime civili. Oltre
1.200 cittadini sono stati uccisi nei primi sei mesi del 2010, il 25% in più rispetto
allo stesso periodo del 2009. Il 31% se si calcolano anche i feriti. Francesca
Sabatinelli ne ha parlato con Staffan de Mistura rappresentante speciale
dell’Onu per l’Afghanistan, raggiunto telefonicamente a Kabul.
R. – Il costo
umano dei civili in questo conflitto sta aumentando vertiginosamente. Parliamo di
3268 civili, che sono stati uccisi o feriti negli ultimi sei mesi. Il 71 per cento
di queste persone sono state uccise o ferite dai talebani.
D. – Voi
avete soprattutto sottolineato come tra le vittime vi sia un altissimo numero di donne
e di bambini …
R. – Sono dati che non ci aspettavamo. Negli ultimi sei
mesi c’è stato un aumento del 55 per cento dei bambini uccisi o feriti in buona parte,
di nuovo, da parte dei talebani, ma alcuni anche a causa degli attacchi aerei da parte
della Nato. Va detto che la Nato ha fatto, francamente, uno sforzo notevole per ridurre
quelli che loro chiamano gli effetti collaterali: c’è stata una riduzione di circa
il 64 per cento delle vittime causate da attacchi aerei. Questo indica che la nostra
pressione, e le pressioni dell’opinione pubblica, hanno avuto un effetto, nel senso
che il generale David Petraeus ha fatto uscire delle linee di condotta che mi pare
siano sempre più efficaci. Detto questo, una sola vittima è già troppo e quindi continuiamo
a spingere affinché non ce ne siano.
D. – Perché gli insorti hanno colpito
in modo così massiccio? E’ cambiato qualcosa nella strategia di attacco dei talebani?
R.
– Ci sono varie analisi, la più probabile è che gli insorti, i talebani in particolare,
stiano tentando di lanciare dei messaggi, chiamati trasversali, nei confronti della
popolazione afghana e dell’opinione pubblica internazionale. In poche parole: quando
ci si aspetta un aumento della pressione sui talebani da parte delle forze Nato e
di quelle regolari afghane, sulla base dell’aumento fino a 100 mila uomini nuovi che
stanno arrivando nel Paese da parte internazionale, il tentativo di risposta degli
insorti è di cercare di dimostrare con atti spettacolari, magari isolati ma terrificanti,
che il Paese è alla loro mercé in termini di azioni di terrore. Un atto recente che
ha prodotto enorme sgomento è stata l’uccisione a sangue freddo di otto medici, che
facevano un lavoro esemplare. Uno di loro era il padre di una delle mie colleghe.
Lui era qui da 30 anni, facendo operazioni chirurgiche agli occhi per chi rischiava
la cecità. Si muoveva molto spesso a dorso di mulo per raggiungere i villaggi. Questo
non è bastato affinché loro non li uccidessero. In questo periodo, sembra proprio
essere una tendenza dei talebani quella di cercare di scioccare tutti con atti di
terrore.