Forte impronta musicologia, molta curiosità storica e attesa da parte degli appassionati
per la 31.ma Edizione del Rossini Opera Festival che si inaugura questa sera a Pesaro,
città natale del compositore: tornano in vita sul palcoscenico due titoli sconosciuti,
“Sigismondo” con la regia di Damiano Michieletto e “Demetrio e Polibio” con quella
di David Livermore, affiancati da “Cenerentola” nell’immaginario allestimento di Ronconi.
Una sfida nelle scelte, sempre culturalmente elevate, che fa del Rossini Opera Festival
uno degli avvenimenti più attesi dell’anno, nato per indagare l’opera e il mistero
di un genio della musica. Il servizio di Luca Pellegrini:
E’ stato
il primo, trentuno anni fa, ad essersi inventato una formula inedita dedicandosi interamente
a un solo musicista e all’esplorazione delle sue opere: un festival nato soltanto
per Gioachino Rossini nella sua città natale, Pesaro. Allora fu una novità travolgente,
ci si chiedeva perché tanta attenzione internazionale, tanto interesse da parte dei
critici, tante vere ovazioni annuali dal pubblico proveniente da tutto il mondo. Condotti
con sapiente cura, si è andati scoprendo, grazie a allestimenti ed esecuzioni memorabili,
il catalogo di uno dei compositori più conosciuti e a suo modo enigmatici della storia,
non legato solamente a titoli come “Il Barbiere di Siviglia” e “Cenerentola”, “Stabat
Mater” o “Mosè in Egitto”. Universi di incredibile bellezza musicale si sono aperti
nello scorrere di opere che senza questo festival non sarebbero mai più approdate
in teatro, svelando l’anima di un genio dedito alla musica e all’uomo, per raccontare
il suo animo eroico e le sue miserrime cadute. Insomma, Rossini aveva necessità di
un festival per essere conosciuto. E questa necessità dura nel tempo, tanto che sono
due quest’anno i titoli in programma ritenuti tra i più problematici e meno noti della
sua produzione: “Sigismondo”, del 1814, e “Demetrio e Polibio” del 1812, entrambi
di carattere serio, ambientati il primo nel profondo Medioevo ed il secondo nella
Siria del 200 avanti Cristo. Questa scelta ribadisce un fatto: di Rossini c’é ancora
qualche cosa di cui meravigliarsi. Una conferma che arriva da Gianfranco
Mariotti, sovrintendente del Festival fin dal suo nascere:
R.
- Di questa figura affascinantissima continua a sfuggire una comprensione totale,
che dà molto senso, molto fascino al nostro lavoro.
D. - Insomma, dopo
trentuno anni di allestimenti e scoperte, Rossini riesce a sorprenderla ancora…
R.
- Una cosa che ogni anno diventa più evidente è che la parabola di Rossini non è lineare
per esempio, è un autore che si rivela ogni giorno più misterioso. Ci sono delle incomprensibili
discontinuità per esempio e c’è anche questa sua - da noi tanto decantata - capacità
profetica di anticipare gli sviluppi della musica. In realtà si svolge in tutte le
direzioni, in avanti all’indietro. Scrive un’opera come “Ermione” che oggi definiamo
espressionista, addirittura, che precede di 10 anni la svolta romantica del “Guglielmo
Tell”, ma non ha niente a che vedere con il romanticismo, non lo anticipa nemmeno,
parla direttamente al XX° secolo. E’ incredibile, quattro anni dopo fa “Semiramide”
che invece è il monumento del passato.
Alberto Zedda,
direttore artistico del Rof, tra i più fini e noti studiosi ed esecutori di Rossini,
non ha dubbi: Rossini e le sorprese che la sua musica riserva sono quasi infinite:
R.
- Rossini dopo 30 anni per noi rappresenta ancora, per certi lati, l’uomo che non
ha ancora dato tutte le risposte possibili. Non dico un mistero, sappiamo quanto è
grande, sappiamo quanto è moderno, ma è così sfuggente, così complesso e così diverso
dagli altri, nel modo di concepire il rapporto parola - teatro - musica. Dovrebbe
essere un argomento per lo meno esaurito o vicino all’esaurimento, invece, devo dire
che ogni notte e ogni giorno mi risveglio con una sensazione nuova e sto scrivendo
un libro che non terminerò mai. (Montaggio a cura di Maria Brigini)