Sfide e potenzialità dell'immigrazione di fronte ai dati Eurostat sulla popolazione
europea
La popolazione europea ha superato la soglia del mezzo miliardo di abitanti nel 2010.
E' il dato diffuso nei giorni scorsi da Eurostat, l'ufficio statistico dell'Unione
europea, secondo cui l’Ue ha registrato un aumento di 1,4 milioni di persone in più
rispetto al 2009. Elevato l’apporto degli immigrati, soprattutto in Paesi come l’Austria,
la Svezia, il Lussemburgo. In aumento anche il tasso medio di fecondità che sale ad
1, 6 bambini per donna. Dunque, segnali di crescita positiva, nonostante le previsioni
segnalino il perenne declino demografico del vecchio continente. Antonella Palermo,
ha chiesto un commento a Massimo Livi Bacci, Ordinario di Demografia all’università
di Firenze.
R. – Direi
subito che i fenomeni demografici non dovrebbero mai essere allarmanti, nel senso
che sono fenomeni che si dispiegano nel lungo, lunghissimo periodo, quindi c’è tempo
per attrezzarsi, abituarsi e cercare rimedi. Tutta l’Europa ha una natalità debole,
le nuove nascite non rimpiazzano i loro genitori dal punto di vista numerico. Questo
provoca l’invecchiamento della popolazione e provoca poi anche il rallentamento della
crescita, tendenza attenuata e anzi, in certi casi, contrastata da una immigrazione
che è abbastanza sostenuta. Un immigrato è come un nato adottato in un altro Paese.
D.
– Il fatto però che viene messo in evidenza è che all’Europa che invecchia non bastano
più gli immigrati, così pare dai numeri..
R. – Anzitutto questo dipende
dalle politiche che i vari Paesi mettono in atto. Questo non è vero. Previsioni sull’immigrazione
che non basta non sono vere, non si sono verificate, perché l’immigrazione è stata
sostenuta, ora si può dire: questa immigrazione è stata troppo forte per le capacità
di assorbimento che questi Paesi avevano. C’è del vero in questo, ma c’è del vero
anche perché non abbiamo consacrato le risorse necessarie per far sì che questa immigrazione
avvenisse nelle migliori condizioni possibili. Integrare è costoso, non è gratuito,
non avviene spontaneamente, ci vogliono risorse umane e finanziarie.
D.
– Allora lei in sostanza in che termini definisce la funzione positiva dell’immigrazione
nello sviluppo delle società?
R. – L’immigrazione tende a non essere
un gioco a somma zero, tende a essere un gioco a somma positiva, perché sicuramente
l’immigrato a dieci anni di distanza dalla sua immigrazione vive sicuramente in condizioni
materiali migliori di quelle di partenza e il Paese in cui l’immigrato è arrivato
si avvale del suo lavoro e quindi ha in qualche modo sostenuto la propria crescita.
Certo, se l’immigrazione è fatta in maniera estremamente disordinata, allora il gioco
può essere anche a somma negativa, nel senso che se l’immigrato viene emarginato,
se è vittima di conflitto sociale, se non ha diritti, allora l’immigrazione può essere
anche a somma negativa.