2010-08-07 14:36:18

Afghanistan: i talebani uccidono 10 operatori di una Ong cristiana


Sdegno nella comunità internazionale per l’uccisione da parte dei talebani, nel nord dell’Afghanistan, di otto operatori sanitari occidentali e due afghani che lavoravano per un Ong di ispirazione cristiana. Il servizio è di Marco Guerra:RealAudioMP3

Sono stati messi in fila in un bosco prima di essere crivellati di colpi. L’esecuzione degli otto operatori della "Missione Internazionale d'Assistenza" (Iam), l'Ong di cui facevano parte tutte le vittime, è avvenuta ieri nel nordest dell’Afghanistan. Sei di loro erano medici dell’ospedale oftalmico Noor di Kabul. In totale il gruppo era composto da sette uomini, di cui cinque americani e due afghani, e tre donne, una statunitense, una tedesca e un'inglese, che formavano un team mobile che portava assistenza nelle zone più remote del Paese. Le salme sono state ritrovate grazie alla testimonianza di un interprete afghano risparmiato dai talebani perché musulmano. L’uomo ha ricostruito gli ultimi spostamenti degli operatori nella turbolenta provincia del Nuristan, dove hanno trascorso diversi giorni per visitare la popolazione locale. Nella rivendicazione, giunta da un portavoce dei talebani, gli esponenti dell'Ong vengono definiti “missionari cristiani” ed accusati di fare proselitismo con l’ausilio di alcune Bibbie in lingua dari. Questa tragedia – affermano i responsabili dell’Ong "Missione Internazionale d'Assistenza" - ha impatto negativo sulla nostra capacità di continuare a lavorare al servizio del popolo afghano. Si spera ora che l'accaduto non fermi il lavoro da cui traggono beneficio 250mila afghani ogni anno.

Per una testimonianza sull’attuale momento che sta vivendo l’Afghanistan, Giada Aquilino ha raggiunto telefonicamente a Kabul il padre barnabita Giuseppe Moretti, responsabile della comunità cattolica internazionale nella capitale afghana:RealAudioMP3

R. – E’ un periodo di preparazione alle importanti elezioni politiche che si svolgeranno il mese prossimo. C’è grande fermento e di conseguenza, da parte dei talebani, mi sembra che ci sia proprio una dimostrazione di opposizione a questo cammino verso la democratizzazione del Paese. Qui a Kabul il clima è apparentemente tranquillo, però si moltiplicano le misure di sicurezza. Si prevede un settembre caldo. In questi nove anni sono morti tanti civili, sono morti tanti militari afghani, sono morti tanti militari della coalizione. C’è un grande sacrificio di vite umane, ma - dal punto di vista dei benefici per la popolazione - dobbiamo dire che la situazione non è rosea. La popolazione ha avuto molto poco da questa pioggia di aiuti che è arrivata: c’è mancanza di scuole, di ospedali, di ristrutturazioni di strade, di fogne, di leggi per la tutela dei lavoratori. Non c’è stato l’aumento dei salari, mentre è cresciuta la disoccupazione.

D. – Lei è accanto alla gente comune. Come vive la popolazione locale?

R. – Con la forza che viene dalla fede profonda che ha nell’islam. Ovviamente anche la gente fa gli stessi discorsi: “Quando si arriverà ad avere un po’ di pace, quando avremo un salario dignitoso?” La gente vive sempre con la speranza che un giorno o l’altro l’Afghanistan ritorni ad essere quella che era, in pace.

D. – Com’è composta la comunità cristiana in Afghanistan?

R. – Quando si parla di comunità cristiana, si parla esclusivamente di comunità cattolica internazionale: quindi non esiste alcuna comunità cristiana, meno che meno cattolica, afghana. La comunità internazionale cattolica conta 100, 150 persone. Poi c’è una presenza operativa che è fatta dalle due comunità di suore, le Suore di Madre Teresa e l’Associazione pro bambini di Kabul, un’associazione intercongregazionale. Le Suore di Madre Teresa ospitano 24 ore su 24, in maniera fissa, una decina di bambine che vanno da quelle abbandonate dai genitori e portate lì dagli ospedali a quelle con gravi handicap; poi, su mandato dei ministeri sociali, hanno il compito di monitorare circa 200 famiglie tra le più povere, il che significa migliaia di persone. L’altra associazione, quella pro bambini di Kabul, assiste invece una trentina di bambini disabili, in maniera straordinaria, come sanno fare le suore, con grande soddisfazione dei genitori. Tanto che questi bambini, esclusi dalla scuola pubblica, dopo un paio d’anni che sono seguiti da queste suore, riescono ad essere ammessi e a volte anche ad eccellere nell’istruzione. Ho tralasciato di parlare delle Petites Soeurs di Gesù, ma loro sono qui da oltre 50 anni e lavorano negli ospedali, quindi a contatto diretto con la gente. Quello che contraddistingue la nostra presenza è questa discrezione: la testimonianza ‘fatta di fatti’, nel silenzio.







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