I vescovi di Panama: superare violenza e insicurezza per rafforzare la democrazia
“Il problema della violenza e dell’insicurezza che colpisce il Paese non riguarda
solo lo Stato, poiché anche i cittadini devono fare la loro parte”. Così ha esordito
ieri il presidente della Conferenza episcopale di Panama e vescovo di David, mons.
José Luis Lacunza Maestrojuán, alla conferenza stampa di presentazione della Lettera
pastorale dei vescovi, intitolata “La sicurezza e l’integrità della vita umana”. Il
presule ha subito precisato che l’episcopato desidera offrire al Paese un “contributo
per superare presto il clima di violenza” lavorando, tutti assieme, per “instaurare
una cultura della pace e rafforzare la democrazia”. A dimostrazione di quanto angoscia
i vescovi, mons. Lacunza ha citato i recenti scontri nella provincia caraibica di
Bocas del Toro, confinante con il Costa Rica, dove nel mese di luglio si sono registrate
vittime fra la polizia e la popolazione aborigena, numerosi feriti e ingenti danni
materiali. La Conferenza episcopale, ha osservato il vescovo, appoggia la chiamata
a “un grande dialogo nazionale”, incoraggiato dal presidente di Panama, Ricardo Martinelli,
dopo il rifiuto popolare della legge 30 che modificava tre codici e diverse leggi
sull’ambiente, e la pubblica sicurezza; rifiuto che ha molto accresciuto le tensioni
politiche e sociali del Paese bloccando ogni intesa e dialogo. La “medesima preoccupazione
e angoscia - ha aggiunto mons. Lacunza - abbiamo manifestato in occasione del triste
assassinio di due pastori evangelici” coinvolti in un sequestro da parte di bande
giovanili. Secondo il documento dei vescovi panamensi, tra i fattori che configurano
il clima di violenza, occorre ricordare “la crisi istituzionale, l’indebolimento del
tessuto sociale, la crisi morale e la corruzione”. Sono tutte realtà che, purtroppo,
si “sommano ad altre situazioni non meno gravi in cui i cittadini hanno le proprie
responsabilità: le omissioni, l’indifferenza e le bande criminali” che a volte la
cittadinanza subisce senza reagire. “Siamo arrivati a un tale grado di apatia cittadina
- ha rilevato il presule - che si preferisce avere un poliziotto alle spalle piuttosto
che denunciare un delinquente”. (…) I vescovi esortano la popolazione a una costante
interazione reciproca, nella quale tutti riconoscano le proprie responsabilità. “Se
non ci poniamo nella posizione di chi vuole reagire con la forza della legge, sarà
difficile che lo Stato, da solo, possa risolvere la questione”. Citando alcuni brani
della lettera pastorale, il presule ha ribadito più volte che “non sarà la paura a
farci diventare una società tranquilla”; occorre di “più, molto di più (…) occorre
responsabilità ma anche che lo Stato promuova l’equità sociale, la ridistribuzione
delle ricchezze, più posti di lavoro, il rispetto assoluto dei diritti umani e dei
cittadini, affinché loro stessi siano la vera garanzia della pace sociale”. (A
cura di Luis Badilla)