Inondazioni in Pakistan: oltre 1400 morti e rischio epidemie per l'inquinamento delle
fonti idriche
Oltre 1400 morti, un milione di sfollati, almeno 45 ponti crollati, strade bloccate,
case, scuole e ospedali sommersi dall’acqua. E’ il drammatico bilancio, ancora provvisorio,
delle inondazioni che in questi giorni hanno colpito diverse regioni del Pakistan,
soprattutto le aree nord occidentali. Complessivamente, sono oltre 3 milioni le persone
colpite da frane e inondazioni. Il 60 per cento sono bambini. Sono numerose le organizzazioni
impegnate nel portare aiuti. La Caritas Svizzera ha stanziato 200 mila franchi per
le vittime delle alluvioni. Ma la situazione è drammatica e i soccorritori vanno incontro
a numerose difficoltà, come sottolinea al microfono di Amedeo Lomonaco, Donata
Lodi, direttore di Unicef Italia per i programmi e le relazioni internazionali:
R. – Si parla
di persone che hanno perso le case, che hanno perso le loro fonti di reddito e, soprattutto,
sono esposte ad un rischio altissimo per l’inquinamento di tutte le fonti idriche.
Un’alluvione oltre ai disastri immediati che provoca, ovviamente innesca conseguenze
a medio e lungo termine su tutte le forniture idriche di una regione, dove già igiene
e qualità dell’acqua sono abbastanza scarse. I nostri operatori in questo momento
stanno lavorando in una situazione di grande difficoltà, perché alcuni dei nostri
magazzini, nelle zone colpite, sono stati distrutti. Stiamo facendo affluire nuovi
aiuti. E’ una situazione di enorme difficoltà. La priorità assoluta è senz’altro la
fornitura di acqua potabile e piani di intervento sul campo sanitario e nutrizionale
a brevissimo termine.
D. – Oltre a cibo ed acqua potabile, dunque, un’altra
urgenza riguarda anche le vaccinazioni per scongiurare il diffondersi di epidemie...
R.
– Le vaccinazioni, ma anche la fornitura di quei farmaci di pronto intervento: per
esempio sali reidratanti per contrastare gli effetti delle malattie gastrointestinali,
il kit di pronto intervento medico sanitario. La logistica in questo momento è estremamente
complessa. Abbiamo una certa preoccupazione per la disponibilità dei fondi necessari.
Noi abbiamo già stimato di spendere nelle primissime settimane una decina di milioni
di dollari attingendo ai nostri fondi di emergenza. Se la comunità internazionale
non si mobilita in modo massiccio per aiutare le popolazioni civili del Pakistan,
colpite da questa ennesima tragedia, il rischio per la popolazione è ancora più alto.
D.
– E poi tutto questo avviene in un Paese, il Pakistan, segnato da forti tensioni alimentate
anche dalle ultime violenze, scoppiate a Karachi, costate la vita ad oltre 40 persone.
C’è una fattiva collaborazione con il governo, anche in questo contesto così difficile?
R.
– In questa fase c’è stata un’ottima collaborazione con il governo, come anche in
passato in altre situazioni, e il coordinamento delle organizzazioni non governative
dell’Agenzia delle Nazioni Unite, presente sul posto, sta funzionando molto bene.
Dal 29 luglio è partito il coordinamento di tutte le organizzazioni presenti. Uno
dei problemi è proprio la dispersione sul territorio delle aree colpite. E’ una situazione
molto complessa, perché non è limitata ad un’unica provincia. Si tratta di una realtà
in cui gli insediamenti abitativi seguono una struttura geografica ed orografica del
Paese molto difficile e per giunta si tratta quasi sempre di abitazioni di cattiva
qualità. Questo rende particolarmente pesante il costo umano in situazioni di questo
tipo. Come sempre, nell’emergenza, i più poveri sono anche i più esposti. E’ la terza
catastrofe naturale che si abbatte sul Pakistan in poco tempo e si aggiunge ad una
situazione sociale, politica e generale molto complessa. Quindi è veramente una situazione
assai preoccupante.