Chiusa la plenaria del Secam: rilanciare il protagonismo della Chiesa in Africa
Si è conclusa ieri ad Accra, in Ghana, la 15.ma Assemblea plenaria del Secam, il
Simposio delle Conferenze episcopali d’Africa e Madagascar.Si è trattato di
un’importante occasione, attraverso dibattiti e incontri, per riflettere sui 40 anni
di attività del Secam e in particolare sulle prospettive e l'autonomia della Chiesa
in Africa. Il servizio del nostro inviato, padre Joseph Ballong:
Alla fine
dei lavori della 15.ma Assemblea Plenaria del Secam, i vescovi hanno indirizzato un
messaggio di gratitudine e di fedeltà al Santo Padre, Benedetto XVI. Hanno poi adottato
un certo numero di risoluzioni e di raccomandazioni, che invitano ad un impegno rinnovato
e concreto, affinché il Secam possa raggiungere gli obiettivi che si è prefissato.
I vescovi hanno anche rinnovato i dirigenti del Secam, rieleggendo - per un nuovo
mandato di tre anni - il cardinale Polycarp Pengo, arcivescovo di Dar-es-Saalam, in
Tanzania, alla presidenza; il cardinale Théodore-Adrien Sarr, arcivescovo di Dakar,
in Senegal, come primo vice presidente, e l’arcivescovo di Lubango, in Angola, mons.
Gabriel Mbilingi, come secondo vice presidente. I vescovi della 15.ma Plenaria del
Secam si sono quindi salutati, dandosi appuntamento fra tre anni a Kinshasa, nella
Repubblica Democratica del Congo.
Per un bilancio dell'assemblea del Secam,
ascoltiamo il commento di mons. Jean-Claude Bouchard, vescovo di Pala,
in Ciad, e presidente della Conferenza episcopale del Paese africano. La sua riflessione
è stata raccolta dal nostro inviato, padre Joseph Ballong:
R. – E’
stato un evento molto importante perché abbiamo avuto l'occasione di parlare con una
sola voce. Penso sia stata una riunione molto ricca: abbiamo condiviso le nostre esperienze,
abbiamo riflettuto a partire dagli interventi degli specialisti.
D.
– Eccellenza, sono stati tanti i temi trattati durante l’Assemblea. Ne vuole sottolineare
qualcuno in particolare?
R. – Il primo tema era i 40 anni del Secam
e l’autosufficenza, le prospettive, e l’avvenire della Chiesa dell’Africa. Non si
tratta solo di un problema economico ma anche di una necessità più globale. La Chiesa
in Africa deve compiere la sua missione prima con i suoi propri mezzi, non aspettando
e contando solo su l’aiuto degli altri. E’ un fatto che la Chiesa in Africa, come
i Paesi africani, dipende troppo dalla comunità internazionale per l’idee, la ricerca,
i mezzi materiali. L’Africa soffre di una mancanza di fiducia in se stessa. Però l’Africa
è ricca, ha delle competenze ormai, ha gli Istituti di formazione: bisogna che trovi
la fiducia in se stessa per prendere le proprie decisioni, le proprie responsabilità.
D. – Che cosa serve alla Chiesa d’Africa?
R. – Ci vuole
una presa di coscienza che la Chiesa d’Africa appartiene agli africani. Già Paolo
VI lo disse nel 1969: “Voi africani siate i vostri propri missionari”. Dunque quella
Chiesa deve svilupparsi per se stessa, senza aspettare dagli altri. Sì, ci si può
aspettare un aiuto, ma lo sviluppo viene dall’interno e questa presa di coscienza
– abbiamo detto – si deve fare a tutti i livelli: nelle comunità di base, nelle diocesi,
nelle associazioni regionali di Chiese e anche nel Secam che soffre di mancanza di
mezzi. Dunque è importante prendere veramente sul serio questa presa in carico delle
proprie Chiese. (Montaggio a cura di Maria Brigini)