Canada: la Chiesa ricorda il quarto centenario del Battesimo del leader indigeno Membertou
La Chiesa cattolica in Canada ricorda oggi il IV centenario del Battesimo del Gran
capo Membertou, con una solenne celebrazione a Chapel Island (Nova Scotia) in diocesi
di Antigonish, presieduta dal cardinale Marc Ouellet, Inviato Speciale del Santo
Padre. Al centro dei festeggiamenti è la nobile figura del capo dei Mi’kmaq, tribù
della costa atlantica del Canada, dedita alla caccia e alla pesca, tuttora presente
nella provincia della Nuova Scozia che conta un totale di 13mila nativi. Poco è dato
conoscere della sua vita: nato probabilmente agli inizi del XVI secolo, incontrò gli
esploratori francesi Jacques Cartier, nel 1534 e Samuel de Champlain, intorno al 1605;
oltre ad essere il capo politico della tribù, ne era anche il leader spirituale, particolarmente
apprezzato per la saggezza profetica e le doti di guaritore. Il 24 giugno 1610 Membertou
divenne uno dei primi aborigeni del Nord America ad essere battezzato, insieme alla
moglie e ai figli ed altri membri del nucleo familiare; per la sua amicizia e lealtà
verso i colonizzatori, il sacerdote francese Jessé Fléché gli impose il nome di “Enrico”,
dal re di Francia Enrico IV. Morì il 18 settembre 1611 raccomandando ai suoi figli
di continuare ad essere devoti cristiani. In occasione della ricorrenza centenaria,
il vescovo di Antigonish, mons. Joseph Dunn, ha diffuso una Lettera pastorale, in
cui ricorda alcuni degli elementi che rendono tale anniversario un evento memorabile
per tutti i fedeli diocesani. Il documento sottolinea in particolare la volontà manifestata
da Membertou dopo il battesimo di essere un cristiano impegnato. In tale prospettiva
esortava i missionari gesuiti ad apprendere la lingua dei Mi’kmaq, poiché desiderava
ricevere una formazione cristiana e partecipare all’apostolato dei religiosi stessi.
La sua fede è stata tramandata ai suoi discendenti e continua ad ispirare il popolo
di Mi’kmaq, in particolare le sette comunità delle Prime Nazioni risiedenti nella
Diocesi di Antigonish. Alle popolazioni native non sfuggiva la compatibilità del messaggio
di cristiano di speranza e di pace con le loro credenze tradizionali; vollero quindi
alimentare la loro fede e proteggerla nella loro lingua algonchina, superando momenti
di opposizione e non poche difficoltà. Il Battesimo del Gran capo – si legge ancora
nel testo – ha contribuito a colmare il divario tra culture autoctone e non native,
favorendo il radicamento dell’insediamento francese in Accadia. Il vescovo Dunn non
manca di ricordare i momenti in cui il popolo dei Mi’kmaq ha dovuto portare la croce
della sofferenza, a causa di pregiudizi, intolleranza, mancanza di cibo e incomprensioni.
Viene anche evocata la sofferenza imposta ai nativi con l’allontanamento dei bambini
dalle famiglie e la loro collocazione in internati, con la proibizione di esprimersi
nella loro lingua. Memorie terribili – prosegue il presule – che muovono la Chiesa
a chiedere perdono per quanto commesso nel causare un dolore profondo che ha segnato
l’intera esistenza di tanti membri delle comunità native. La Lettera si chiude nel
sottolineare quelle doti di accoglienza e di ospitalità dei Mi’kmaq, ereditate dal
Gran capo Membertou, e nell’auspicare un forte impegno ecclesiale teso a sostenere
le comunità autoctone, a promuovere tra loro varie forme di vocazione - al sacerdozio,
al matrimonio, alla vita consacrata – a preservare cultura, tradizioni e aspetti liturgici
della loro fede. Nel corso della sua missione, il cardinale Ouellet ha inoltre incontrato
il Gran Consiglio dei Mi’kmaq, i parroci impegnati nel servizio pastorale con le Prime
Nazioni e un gruppo di vescovi delle diocesi dell’Atlantico. (M.V.)