L'invito del Papa alla preghiera autentica: la riflessione di mons. Piero Coda
Domani Benedetto XVI presiederà a mezzogiorno l’Angelus nel cortile del Palazzo apostolico
di Castel Gandolfo. In queste domeniche numerosi sono i pellegrini che giungono da
tutto il mondo nella cittadina laziale per pregare insieme con il Papa. Proprio domenica
scorsa, il Pontefice, commentando “il Padre Nostro”, ha invitato i fedeli a fare l’esperienza
della preghiera autentica. Ma cosa significa “pregare”? Luca Collodi lo ha
chiesto a mons. Piero Coda presidente dell'Associazione teologica italiana
e preside dell'Istituto Universitario Sophia di Loppiano, fondato da Chiara Lubich:
R. – La preghiera,
innanzitutto, è mettersi in ascolto come ha detto Benedetto XVI nell’Angelus di domenica
scorsa. La preghiera è ascolto: cioè, fare silenzio dentro di sé, mettere a tacere
i tanti rumori, le tante voci della vita quotidiana e ascoltare la Parola molto discreta,
molto attenta, un soffio, una brezza, che ci viene da Dio. Lasciarsi interpellare
da Dio. Poi, certamente, ci sarà anche il momento in cui vengono presentate le nostre
richieste, a lui gli si offre la nostra vita, ma prima di tutto la preghiera è imparare
ad ascoltare la voce di Dio nel silenzio.
D. – Mons. Coda, c’è un luogo
privilegiato dove pregare? Perché spesso noi vediamo la Chiesa come luogo principe
dell’incontro spirituale con Dio, ma spesso in estate noi siamo al mare, in montagna
... C’è un modo, un luogo privilegiato dove pregare o la preghiera è comunque accettata
in ogni luogo e in ogni tempo?
R. – La preghiera può accadere in ogni
luogo e in ogni momento della nostra vita. Ciò non toglie che vi siano dei luoghi
privilegiati. Se noi vediamo l’esperienza dei grandi santi, dei grandi maestri della
preghiera, vedremo che loro cercano sempre dei luoghi in cui il contatto con Dio è,
direi, più spontaneo, più naturale, e quindi la montagna, l’orizzonte infinito del
mare, il tramonto, la natura, sono luoghi che naturalmente ci portano ad elevare il
nostro animo verso Dio. Perché questa è la preghiera: “elevatio mentis ad Deum”, dicevano
gli antichi; cioè, apertura, elevazione della nostra mente verso Dio. Quindi, quando
mi trovo in montagna, di fronte a un ghiacciaio, oppure in una foresta, di fronte
al mormorio della brezza del vento, in mezzo agli alberi, tra i fiori o in qualunque
altra situazione naturale bella, io sono portato attraverso la natura a incontrare
la voce di Dio.
D. - Mons. Coda, anche in vacanza non dobbiamo dimenticarci
di utilizzare questo strumento per comunicare con Dio, anche se apparentemente può
sembrare forse più difficile...
R. – Penso proprio che paradossalmente
la vacanza sia luogo principe e più adeguato per incontrare Dio perché nel momento
della vacanza si è liberi da tante occupazioni quotidiane, la nostra mente e il nostro
cuore spontaneamente sono aperti a ciò che più intimamente è essenziale nella nostra
vita. Quindi, consiglierei con tutto il cuore di sfruttare questi momenti di libertà
e di grazia come il momento in cui ci possiamo aprire a un incontro più vero, più
libero più gratuito con Dio e, quindi, un momento di preghiera intenso, semplice,
spontaneo. (Montaggio a cura di Maria Brigini)