Il commento di padre Bruno Secondin al Vangelo della Domenica
In questa 18.ma Domenica del Tempo ordinario la liturgia ci presenta il passo del
Vangelo in cui Gesù, rispondendo ad un uomo che gli chiedeva di fare da mediatore
sull’eredità da dividere col fratello, invita a tenersi lontano da ogni cupidigia,
perché la vita non dipende da ciò che si possiede. Racconta quindi la parabola di
un uomo ricco che continua ad accumulare beni. Gesù conclude:
“Dio gli disse:
‘Stolto, questa notte stessa ti sarà richiesta la tua vita. E quello che hai preparato,
di chi sarà?’. Così è di chi accumula tesori per sé e non si arricchisce presso Dio”.
Su questo brano del Vangelo, ascoltiamo il commento del padre carmelitano
Bruno Secondin, docente di Teologia spirituale alla Pontificia Università Gregoriana:
Per accumulare
fortune spesso rischiamo di farci scippare il cuore e la vita stessa, senza accorgerci.
Una vita avvelenata per possedere sempre di più: la parabola del Vangelo sembra il
ritratto di un sacco di gente. Gente mai contenta: più hanno e più vorrebbero, senza
aver riguardo per nessuno, neanche per la propria coscienza. “Anche se uno è nell’abbondanza,
la sua vita non dipende da ciò che egli possiede”, ammonisce Gesù. Eppure per molti
l’essere corrisponde al possedere: più hai e più ti senti importante, e ti credi in
diritto di farti largo. E come usi i beni è affare tuo, e nessuno ti può criticare.
E
Dio allora finisce per essere un riferimento molto lontano, tanto ci sono i beni a
fare da garanzia per il futuro. “Stolto, questa notte stessa ti sarà richiesta la
tua vita”, conclude la breve parabola sull’accumulatore nevrotico. Di là non si portano
ricchezze materiali, ma storie di condivisione e solidarietà, di amore al prossimo
e vita donata per il bene altrui. Dove stanno le nostre sicurezze e le nostre ricchezze?
Nei conti in banca o nelle speculazioni di borsa, oppure nei gesti di fraternità e
nell’attenzione ai poveri? Un pensierino potremmo anche farlo...