I vescovi francesi: no alla discriminazione dei nomadi
La Cappellania cattolica dei gitani e dei nomadi "non può accettare di vedere i rom
e i nomadi vittime dei pregiudizi e delle generalizzazioni, capri espiatori designati
delle difficoltà della nostra società, mentre ne sono spesso le prime vittime". È
quanto si legge in un comunicato della cappellania, fondata all'indomani della Seconda
guerra mondiale e strettamente legata alla Conferenza dei vescovi di Francia. Lo riferisce
L’Osservatore Romano. La nota — a firma del vescovo di Vannes, Raymond Centène, responsabile
della pastorale dei nomadi, e del vescovo di Belfort-Montbéliard, Claude Schockert,
incaricato del Servizio nazionale per la pastorale dei migranti e delle persone itineranti
— è stata redatta sull'onda delle reazioni provocate da quanto accaduto a Saint-Aignan
(Loir-et-Cher) dove la settimana scorsa una gendarmeria è stata assaltata e le case
vicine danneggiate da nomadi che hanno reagito in maniera violenta alla morte di Luigi
Duquenet, membro della loro comunità, ucciso da un agente dopo aver forzato un posto
di blocco. Dopo aver sottolineato la propria fiducia nei confronti delle persone incaricate
di fare luce, "con rigore ed equità", sulle violenze commesse, i vescovi affermano
che l'aver posto l'insieme dei nomadi, così come dei rom, sotto il fuoco dei riflettori
mediatici e politici, è servito "da pretesto a generalizzazioni affrettate e a una
recrudescenza della stigmatizzazione di cui sono vittime queste popolazioni". La Cappellania
cattolica dei nomadi (in Francia compresi nella denominazione gens du voyage) fa suo
il comunicato stampa diffuso da quattro movimenti, tra i quali l'Associazione nazionale
dei nomadi cattolici, organismo che collabora con il Servizio nazionale per la pastorale
dei migranti e delle persone itineranti. Nel comunicato si chiedono «risposte pubbliche»
per risolvere una situazione quotidiana di grandi disagi e far valere il diritto a
fermarsi, a viaggiare, alla scolarizzazione, al lavoro, alla salute e alla cittadinanza.
Mercoledì scorso il Governo francese ha dedicato alla questione un vertice, presieduto
dal capo dello Stato, Nicolas Sarkozy, al termine del quale è stato deciso che il
50 per cento dei campi nomadi illegali (circa trecento) verrà smantellato entro tre
mesi e che tutti i gitani che si saranno macchiati di crimini saranno espulsi in modo
"quasi immediato". Parigi intende inoltre inviare dieci ispettori nei campi rom per
controllare la situazione da un punto di vista fiscale. La Francia pensa infine a
uno scambio di agenti con Romania e Bulgaria, i due Paesi dell’Unione europea da cui
proviene la maggioranza dei nomadi, allo scopo di migliorare il contrasto della delinquenza.
Il giro di vite — duramente contestato dai partiti dell'opposizione e da molte associazioni
che si battono per i diritti umani — è stato annunciato dal ministro dell’Interno,
Brice Hortefeux, presente alla riunione assieme al ministro della Giustizia, Michelle
Alliot-Marie, al collega all’Immigrazione, Eric Besson, al segretario di Stato per
gli Affari europei, Pierre Lellouche, e ai capi della polizia e della gendarmeria.
Obiettivo era fare il punto sui "problemi che pongono i comportamenti di alcuni nomadi
e rom", alla luce dei recenti scontri a Saint-Aignan, e decidere così lo sgombero
dei campi illegali. La sinistra denuncia la "spirale xenofoba" e la politica "offensiva"
del Governo, mentre organizzazioni non governative parlano di discriminazioni basate
su "vecchi stereotipi". Misure che "fomentano il veleno dell’odio nella società francese".
I vescovi si dicono convinti che il rimedio alla paura e all'insicurezza non si trovi
in una "stretta" da realizzare a livello di ordine pubblico ma passi attraverso "un'azione
di ampio respiro alimentato dal rispetto e dalla conoscenza reciproca". Da qui l'appello
- che conclude il comunicato della Cappellania cattolica dei gitani e dei nomadi -
"ai fratelli e alle sorelle in Cristo e a tutti gli uomini e le donne di buona volontà
a congiungersi sul cammino del 'vivere insieme', testimonianza possibile di un avvenire
condiviso e di una società pacificata".