Il Papa chiede di pregare per i disoccupati e i senzatetto
“Perché i disoccupati, i senzatetto e quanti vivono in gravi situazioni di necessità
trovino comprensione ed accoglienza e siano aiutati in modo concreto a superare le
loro difficoltà”: è l’intenzione di preghiera generale di Benedetto XVI per il mese
di agosto. In un periodo segnato dalla crisi economica, il Papa torna dunque a chiedere
una testimonianza fattiva di carità verso quanti sono in difficoltà. Sulle parole
del Papa, Alessandro Gisotti ha intervistato Paola Vacchina, vicepresidente
nazionale delle Acli:
R. – Credo
che le parole comprensione e accoglienza chiamino in causa le persone che hanno funzioni
di responsabilità, quindi, chi può determinare, in qualche modo, a livello pubblico,
sociale e politico, ma anche ecclesiale condizioni, progetti ed iniziative che possano
tendere una mano, aprire un dialogo con le persone e le famiglie che vivono in situazioni
di difficoltà. Poi, “concreta accoglienza”: c’è proprio la parola “concreto” in quest’intenzione
di preghiera e credo che ciò sia significativo, perché questo è un tempo particolarmente
difficile e addirittura, per tanti, drammatico. Non basta, perciò, il dialogo, l’attenzione
e la comprensione, ma occorre davvero un’accoglienza fattiva, che risponda ai bisogni
delle persone e delle famiglie.
D. – Il Papa, pensiamo alla “Caritas
in veritate”, esorta costantemente la società, le istituzioni – e quindi la politica
– a mettere la persona al centro delle dinamiche economiche…
R. – E’
proprio difficile rendersi conto di quanto sia concreta quest’espressione. A volte
sembrano affermazioni teoriche o generali, invece mettere al centro la persona, in
questo caso, vuol dire la dignità della vita della persona in tutte le fasi del suo
svolgimento. Pensiamo ad esempio a quanto siano colpite dall’impoverimento, dalle
condizioni precarie di abitazione e di vita le famiglie con minori, quindi con bambini,
che sappiamo essere le più esposte ed in particolare le famiglie numerose.
D.
– Come promuovere lo spirito di fraternità, pensando soprattutto ai popoli dei Paesi
in via di sviluppo?
R. – Questa crisi globale in qualche modo rischia
di farci diventare più insensibili e meno attenti alle condizioni di popolazioni che,
nonostante tutte le nostre difficoltà, si trovano complessivamente in condizioni di
povertà e sottosviluppo che non hanno paragoni rispetto alle nostre. E’ certamente
fondamentale riscoprire lo spirito di fraternità che ci deve unire e non vedere l’altro
– in particolare l’altro povero, l’altro appartenente a Paesi poveri – come una minaccia.
Di fronte alla difficoltà, anche economica, che tocca pure noi in questi anni difficili,
la prima cosa da fare è non pensare che chiudendosi nell’egoismo, pensando a sé e
solo alla propria famiglia o al proprio Paese, si faccia il bene proprio e dei propri
cari. Non è assolutamente così!