Cile: Chiesa preoccupata per lo sciopero della fame di 31 indios “mapuches”
Mons. Camilo Vial Risopatrón, vescovo di Temuco, la regione del Cile dove è più alta
la concentrazione di popolazione “mapuche”, la storica minoranza etnica aborigena
del sud del Paese, ha espresso “preoccupazione e angoscia” per il protrarsi dello
sciopero della fame di 31 contadini “mapuches” in cinque carceri cilene. La protesta
dei detenuti, che ormai è entrata alla quarta settimana, è molto articolata e perciò
il presule cileno ha chiesto di trovare un modo di “semplificare le numerose e svariate
richieste” per poter aprire uno spiraglio ad una negoziazione ragionevole. Gli scioperanti
sono in attesa di giudizio per aver violato norme della legge antiterrorismo nel corso
di alcune proteste e occupazione di terre, e tra le molte richieste chiedono proprio
la deroga di questa legge. Chiedono inoltre la fine del meccanismo che li costringe
a subire due processi, uno in sede civile e un altro davanti a tribunali militari,
e il non utilizzo da parte della pubblica accusa di testimoni “protetti” (senza identificazione
pubblica per motivi di sicurezza) che sarebbero la base principale dell’imputazione
per la quale sono sotto processo. Mons. Vial, in dichiarazioni alla Radio Cooperativa,
ha osservato che ritiene “inopportuno l’utilizzo dello sciopero della fame per fare
pressione” spiegando che tutta la Chiesa cilena, capisce e comprende "la disperazione
di queste persone poiché la giustizia è troppo lenta” e i processi così prolungati
nel tempo “portano all’esasperazione delle persone coinvolte”. Questi scioperi della
fame, ha aggiunto, pongono delle rivendicazioni in parte molto vaghe e includono troppi
argomenti bloccando così ogni via di uscita. A questo punto ha precisato il presule
“occorre entrare in dialogo” aperto ed efficace. Nella ricerca di uno sbocco oltre
alla Chiesa, e in particolare all'opera del vescovo di Temuco, lavorano in molti,
sia nel governo che nell’opposizione. Si teme, come di fatto accade da diversi giorni,
che la protesta si possa allargare. Solo nelle ultime 48 ore si sono aggiunti ai primi
scioperanti altri due detenuti. La “questione mapuche” in Cile è un problema molto
delicato che si protrae da moltissimi anni, anche se negli ultimi decenni, si sono
fatti grandi passi sia legali che amministrativi per andare incontro ai molti problemi
irrisolti nell’ambito della proprietà della terra e dell’integrazione. Alcuni anni
fa fu riformata la legge al riguardo e ciò è servito per migliorare la situazione
di questa popolazione storicamente emarginata e inascoltata. Resta sempre la questione
di fondo, comune a molti Paesi latinoamericani, delle terre che gli aborigeni ritengono
proprie e delle quali si sentono espropriati ingiustamente e che dunque oggi vorrebbero
riavere indietro almeno in parte. (A cura di Luis Badilla)