Dedicata a Matteo Ricci l'edizione 2010 dello Sferisterio Opera Festival di Macerata
“A maggior gloria di Dio” è il tema dell’edizione 2010 dello Sferisterio Opera Festival
di Macerata, una stagione dedicata a Padre Matteo Ricci, maceratese e di cui si celebrano
i 400 anni della morte. Si inaugura oggi all’Auditorium San Paolo con il “Vespro della
Beata Vergine” di Monteverdi, a seguire allo Sferisterio “Faust” di Gounod, “La forza
del destino” e “I Lombardi alla prima crociata” di Verdi, mentre al Teatro Lauro Rossi
“Juditha triumphans” di Vivaldi e ancora di Verdi “Attila”. Il servizio di Luca
Pellegrini:
Quando la
lirica incontra il sacro. Binomio affatto comune, una sfida anche culturale che fa
del festival lirico maceratese, ospitato in uno dei palcoscenici più difficili e sorprendenti
del mondo, l’Arena Sferisterio, uno degli appuntamenti più interessanti e originali
dell’estate. Tutto nasce da alcune singolari coincidenze, che anche il vescovo di
Macerata, mons. Claudio Giuliodori, ha tenuto a mettere in luce: nel maggio del 1610
moriva a Pechino padre Matteo Ricci, missionario maceratese e cinese, e dunque a lui
e “alla maggior gloria di Dio” il festival è dedicato. Ma in quello stesso anno Claudio
Monteverdi pubblicava il suo meraviglioso “Vespro della Beata Vergine” e proprio con
questo titolo la manifestazione si inaugura in quella Macerata che la tradizione cristiana
conosce come Civitas Mariae. Ma poi ci sono i grandi titoli lirici, e qui è il direttore
artistico del festival e regista e scenografo tra i più conosciuti e stimati al mondo,
Pier Luigi Pizzi, ad aver tessuto un programma che, appunto,
alla gloria di Dio in qualche modo si riferisce. Con quale criterio ha scelto i titoli
del Festival?
R. – L’attività dello Sferisterio si snoda su tre melodrammi
dell’Ottocento legati da temi comuni. Certo è che sono tre melodrammi assolutamente
straordinari che segnano un’epoca e, per quanto riguarda Verdi, sono due titoli dei
quali uno non è mai stato rappresentato allo Sferisterio, “I Lombardi”, e l’altro
è stato rappresentato molti anni fa e, quindi, secondo me meritava di essere riproposto.
Per quanto riguarda “Faust”, questa è un’opera molto conosciuta e molto apprezzata
e anche qui ha trovato un cast all’altezza.
D. - Maestro, lo spazio
scenico dello Sferisterio, lunghissimo e quasi senza profondità, impone delle scelte
particolari e vincolanti nell’ideare gli allestimenti scenici. Per i tre titoli dei
quali firma regia e scene, a quale idea particolare si è ispirato per simboleggiare
questo scontro tra il bene e il male che libretto e musica raccontano con diversissime
drammaturgie?
R. – Questo spazio vuoto, da solo, è una vera magia: uno
spazio nel quale si può inserire qualsiasi cosa. Lo stile che io ho cercato di instaurare
in questi anni è uno stile basato su un’estrema austerità e che tende a cogliere di
ogni opera l’essenziale pur utilizzando un dispositivo scenico base. Per ogni opera
noi troviamo delle peculiarità che sono poi quelle che caratterizzano ciascuna delle
opere messe in scena. Sono limitate a pochi segni, però molto significativi. La luce
poi fa il resto perché, evidentemente, anche la luce assume qui un importanza determinante
e, quindi, noi cerchiamo di dare cura all’illuminazione proprio come si fa in pittura.