Carestia in Niger e alluvioni in Burkina Faso: appello della Caritas Internationalis
La Caritas internationalis ha lanciato un accorato appello per sostenere le popolazioni
del Sahel, in particolare quelle del Burkina Faso, colpite da devastanti inondazioni,
e quelle del Niger, dove 7 milioni di persone vivono in condizioni di malnutrizione
acuta. In Burkina, la Caritas ha inviato una squadra di esperti per valutare le necessità
degli oltre 26 mila senzatetto. Drammatica la situazione in Niger dove metà della
popolazione è ridotta a nutrirsi con mangimi per il bestiame. Sulla situazione della
regione del Sahel ascoltiamo padreLuigi Maccalli, missionario della
Società Missioni Africane, raggiunto telefonicamente a Bomoanga, in Niger, da Elisa
Castellucci:
R. - Nel
Sahel in genere e nel Niger in particolare, viviamo una situazione di penuria alimentare.
Da noi il periodo si fa acuto nei mesi di giugno, luglio e agosto. In questi tre mesi
i granai sono generalmente vuoti. Questa è un po’ la nostra situazione normale che
si ripresenta tutti gli anni. Il mese scorso ero in Italia ed ho letto con attenzione
quanto si scrive del Niger. La Comunità internazionale sembra scoprire soltanto ora
questa situazione. Il fatto nuovo è che le autorità del Niger oggi hanno avuto il
coraggio della verità. Ci sono delle zone più toccate di altre, ma tutti i dipartimenti
sono più o meno provati e questo perché piove in modo irregolare: lo scorso anno,
il raccolto nei diversi villaggi di Bomoanga, dove vivo da diversi anni, è stato sufficiente.
Ma nel villaggio di Hipari, che si trova a quattro chilometri soltanto da Bomoanga,
non è stato raccolto praticamente nulla ed è dal marzo scorso che gli abitanti soffrono
la fame.
D. - Quali sono gli interventi e i progetti necessari da parte
della Comunità internazionale per affrontare siccità e carestia?
R.
- Attualmente si fanno degli interventi di urgenza, ma bisognerebbe cercare di andare
oltre l’urgenza, perché da noi la povertà è strutturale. I problemi di salute sono
veramente enormi e la mancanza di vie di comunicazione rendono le nostre zone un po’
dimenticate. Serve una volontà politica improntata allo sviluppo. E’ necessario pensare
a come trattenere l’acqua che è un qualcosa che va ovviamente al di là dei nostri
mezzi. Ci vuole una volontà più grande. C’è poi il problema degli alberi: vengono
tagliati alberi in modo selvaggio e soprattutto legno verde. Dalla nostra zona partano
decine di camion ogni giorno per portare legno in città. E’ un degrado ambientale
immenso, il deserto avanza e poi ci si lamenta che le piogge sono sempre più rare
e irregolari.
D. - Come la Chiesa cerca di aiutare la popolazione?
R.
- La Chiesa ha immediatamente elaborato un piano di azione per intervenire e questo
soprattutto nelle zone più colpite. Il mese scorso si è fatta, per esempio, la distribuzione
di sementi per la nuova semina ed attualmente la gente svolge delle attività socialmente
utili: si rifanno le piste, ovviamente a mano; si fanno le mezzelune sui terreni dove
c’è poca erba per tentare di fermare il più a lungo possibile l’acqua. Questo è un
sistema antierosivo del terreno che aiuta a far crescere l’erba, laddove l’erba è
sparita ormai da tempo, e, quindi, del foraggio per gli animali. E’ una missione di
prossimità. Si tratta di stare accanto alla gente, condividere, camminare insieme
e poi, laddove sia possibile, trovare soluzioni seppur piccole, ma che possono aiutare
a dare speranza.
D. - Si è recentemente tenuto il 15.mo vertice dei
capi degli Stati dell’Unione Africana, nel corso del quale il presidente dell’Unione
ha denunciato l’ancora elevata mortalità infantile e materna…
R. - Purtroppo
qui è una realtà, una realtà che viviamo. Ci sono dei centri di salute integrata ai
quali far riferimento ed anche a me è capitato più volte di dover prendere una donna
in travaglio e portarla all’ospedale o ad un centro di salute dove fosse presente
un’ostetrica. L’ultima volta è stato il mese di maggio scorso: la donna è riuscita
a sopravvivere, ma il suo bambino è morto poco dopo la nascita. Di questi casi ce
ne sono stati anche l’anno scorso: una mamma, ad esempio, ha partorito due gemelline,
ma è morta tre giorni dopo il parto. Queste sono situazioni che, purtroppo, viviamo.
Situazioni alle quali si cerca di far fronte con quell’aiuto anche concreto di attenzione,
di latte in polvere o di cose di questo genere. Tutte le missioni sono organizzate
in questo senso.