“Il trasferimento in Serbia non danneggia Mirafiori”. Parole dell'amministratore delegato
di Fiat Sergio Marchionne, questa mattina al tavolo tra governo, sindacati, enti locali
e azienda sul futuro dello stabilimento dopo l'annuncio del Lingotto di produrre la
nuova monovolume in Serbia. Marchionne ha anche confermato il piano "Fabbrica Italia",
primo passo per una NewCo per Pomigliano e ha sottolineato che l’azienda è pronta
a disdire il contratto dei metalmeccanici alla scadenza, nel 2012. “La produzione
resti in Italia”, è l’appello dei sindacati. Ma come leggere questa delocalizzazione?
Linda Giannattasio lo ha chiesto a Gianfranco Viesti, docente di politica
economica presso l’università di Bari:
R. -
E’ normale che una grande azienda multinazionale come la Fiat riorganizzi la propria
produzione in più Paesi per essere efficiente al massimo, anche perché se non si organizza
in maniera efficiente un'azienda chiude. Questo è certamente il risultato peggiore
per tutti. Quello che bisognerebbe avere è, da parte dell’azienda, un quadro almeno
a medio termine di quello che intende fare. Negli ultimi mesi abbiamo avuto troppi
annunci contrastanti e questo non va bene, perché sono scelte che hanno impatti molto
forti sul lavoro e sulla vita di migliaia e migliaia di persone. E quindi è bene che
siano meditate. L’azienda fa le sue scelte e dopo di ché se ne discute, tenendo in
conto tutte le variabili.
D. - Marchionne ha confermato anche il piano
fabbrica Italia, un primo passo per la costituzione di una nuova Newco per quanto
riguarda anche Pomigliano. Quali ipotesi si possono aprire?
R. - Bisogna
portare quell’investimento a regime e cioè accettare dalla parte dei lavoratori queste
condizioni che tra l’altro sono durissime, e da parte dell’azienda riammettere la
propria trattativa e tutte le componenti che non hanno siglato l’accordo, in modo
da arrivare ad avere un clima sociale nello stabilimento il più positivo possibile.
D. - La Fiat, inoltre, si è detta pronta a disdire il contratto dei
metalmeccanici…
R. - Una disdetta unilaterale di un contratto collettivo
rappresenterebbe un cambiamento profondo nel nostro mondo delle relazioni industriali.
Marchionne ha ragione a dire che per poter essere competitivi bisogna lavorare in
un certo modo, ma deve anche accettare che i lavoratori abbiano regole collettive,
che stabiliscano la cornice anche dei diritti dei lavoratori.