I ministri Ue preoccupati per la situazione umanitaria in Sudan
“Forti preoccupazioni sulla violazione dei diritti umani e civili in Sudan” è stata
espressa dai ministri degli Esteri dei 27 Paesi membri dell’Unione europea riuniti
a Bruxelles per una seduta del Consiglio europeo. I ministri hanno ricordato le persistenti
crisi sudanesi: quella in Darfur, la regione occidentale dove il conflitto civile
si protrae dal 2003, e quella in sud Sudan, che sono le maggiori emergenze umanitarie
in atto nel mondo. Nei giorni scorsi anche la Conferenza episcopale del Sudan aveva
inviato un messaggio pubblico di speranza ed esortazione alla concordia nazionale
al termine di una sessione plenaria a Juba e dopo le elezioni dell’aprile scorso,
che hanno riconfermato al potere il presidente Omar el Bashir, presidente del governo
autonomo del sud Sudan. L’Osservatore Romano riferisce le stime dell’Onu, secondo
le quali il conflitto mai risolto ha causato finora 300mila vittime, due milioni di
sfollati interni e migliaia di rifugiati nei Paesi limitrofi, soprattutto Ciad e Repubblica
Centrafricana. “Proteggere i civili e consentire gli aiuti umanitari – sono le priorità
da affrontare secondo i ministri Ue – e rimuovere ogni ostacolo all’attività dell’Unamid”,
la missione congiunta nell’area di Nazioni Unite e Unione Africana. A complicare la
già difficile situazione è sopraggiunta l’incriminazione da parte della Corte penale
internazionale dell’Aja del presidente sudanese Omar Hassam el Bashir, con l’accusa
di genocidio. Il governo di Khartoum ha reagito definendo questo provvedimento una
decisione politica volta a minare l’integrità del Sudan. Solidarietà al presidente
è stata espressa dalla Comunità di sviluppo del Sahel e del Sahara, che riunisce 28
Paesi africani, e contro la decisione della Corte si è sollevata anche la XV assemblea
ordinaria dei capi di Stato e di governo dell’Unione Africana iconclusa in Uganda.
L’Unione europea, inoltre, si dice preoccupata del ritardo accumulato dalle autorità
sudanesi sull’applicazione degli accordi di pace siglati nel 2005 con l’esercito di
liberazione, che prevedevano, tra l’altro, l’organizzazione di un referendum sull’autodeterminazione
del Sudan da tenersi sei anni dopo. A tale proposito i vescovi, nel loro messaggio,
avevano voluto incoraggiare tutti i votanti a "scegliere il tipo di futuro di cui
essi, i loro figli e le prossime generazioni vorranno godere". Infine, visti i disordini
e le irregolarità verificatesi durante le ultime elezioni, l’Ue si è resa disponibile
a inviare una missione di osservatori elettorali nel sud Sudan per seguire il processo
referendario. (R.B.)