Don Ciotti a 25 anni dall'uccisione del commissario Montana: la mafia si vince insieme
Lotta alla mafia attraverso la cultura, l’impegno civile e la riutilizzazione dei
beni confiscati. Queste le sfide lanciate nel venticinquesimo anniversario della morte
del commissario di polizia Beppe Montana, ucciso dalla mafia a Porticello, vicino
Palermo. La sua morte diede inizio a una serie di omicidi che decapitarono i vertici
della polizia palermitana. Oggi al Palazzo della Cultura di Catania si svolge una
giornata di incontri per ricordare la figura di Beppe Montana e il suo impegno contro
la criminalità. Michele Raviart ha sentito don Luigi Ciotti, presidente
di Libera e promotore dell’iniziativa:
R. – Noi
vogliamo fare in modo che la memoria sia sempre di più un impegno. C’è bisogno anche
di una grande sfida culturale perché la cultura sveglia le coscienze, attraverso momenti
di dibattito, di incontro con le testimonianze di testimoni di giustizia e di familiari
delle vittime delle mafie.
D. – La cultura e l’incontro: ma sta anche
partendo un progetto importante a Catania...
R. – Sta partendo in modo
molto concreto una cooperativa di lavoro sui beni confiscati ai grandi boss della
mafia nel nome proprio di Beppe Montana. Tremila giovani in tutta Italia a lavorare
grazie ai beni confiscati, campi di volontariato, per dare una mano alle cooperative
che sono nate con bando pubblico e oggi credo che il grande evento è proprio la concretezza:
la cooperativa Beppe Montana.
D. - Beppe Montana: coraggioso uomo della
Polizia di Stato che ha lottato contro la mafia, molto attento anche ai giovani...
R.
– Non posso mai dimenticare un suo intervento nel quale lui sottolineava con forza
queste parole: dobbiamo spiegare ai giovani chi sono e come vivono i mafiosi. Dobbiamo
convincerli perché da soli non ce la possiamo fare e poi ancora continuava a dire:
i nostri successi sono il frutto non solo delle investigazioni ma anche del progresso
culturale. Quindi, la consapevolezza che bisogna lavorare insieme, che è il “noi”
che vince, che la lotta contro la mafia non è per navigatori solitari; quindi per
noi diventa un impegno. E’ il “noi” che è fondamentale! Il cambiamento ha bisogno
di ciascuno di noi.
D. – La mafia non è più un fenomeno solamente locale
ma si sta ulteriormente evolvendo?
R. – Questa quinta mafia che cresce,
dei colletti bianchi, più borghese, più imprenditoriale, ci deve porre una grande
riflessione nel nostro Paese dove, ripeto, si stanno facendo delle grandi cose nel
mondo della scuola, dell’università, associazioni gruppi, movimenti, magistratura,
forze di polizia. Ma dall’altra parte ci vuole più coerenza, più radicalità, più determinazione,
più coraggio, anche della politica, a non fare assolutamente sconti.