Haiti, organizzazioni umanitarie ancora al lavoro dopo il terremoto di gennaio
Sono diverse le organizzazioni non governative presenti ad Haiti per aiutare la popolazione
del Paese caraibico, colpita dal sisma dello scorso 12 gennaio. Tra queste c’è la
Fondazione Avsi, ad Haiti dal 1999 con numerosi progetti in ambito socio-educativo
e nella sicurezza alimentare. Sul lavoro della Fondazione ascoltiamo al microfono
di Fabio Colagrande, Alberto Piatti, segretario generale della Fondazione
Avsi:
R. - Sicuramente,
quello che noi stiamo cercando di fare è rendere le condizioni di vita delle persone
le meno disagiate possibili. L’ambasciatrice di Haiti in Italia, Benoit, ha citato
la frase di Giovanni Paolo II del marzo 1983: “Qualcosa deve cambiare!”. Io penso
che, oltre a soccorrere per le necessità emergenti e presenti gravi, noi dobbiamo
riuscire a ridare e a far riscoprire l’innata dignità, così come si è espresso Papa
Benedetto XVI nel Messaggio della Pace 2009. Certamente, dobbiamo soccorrere il bisogno
che emerge, ma è anche necessario ritornare al cuore dell’uomo perché diventi protagonista
del proprio sviluppo e, quindi, possa avere una speranza praticabile.
D.
- Sui mezzi di comunicazione in Italia si parla dell’emergenza bambini: in migliaia
rischiano di ammalarsi a causa delle pessime condizioni in cui vivono nei campi degli
sfollati. Voi dell’Apsi cosa dite?
R. - Abbiamo approntato delle scuole,
sì di fortuna, ma delle scuole, in modo tale che una vita quasi normale possa continuare.
Attraverso queste scuole poi stiamo approntando e seguendo quasi quattromila bambini.
E questo ci è stato possibile proprio perché avendoli radunati nelle scuole, possiamo
ora meglio monitorare la loro condizione di salute. Ci sono situazioni difficili,
situazioni con condizioni igieniche e sanitarie veramente drammatiche. In certe situazioni
paradossalmente le tendopoli hanno servizi igienici e sanitari migliori delle baraccopoli
di prima del terremoto. Indubbiamente, però, questo è un pericolo grave.
Dall’inizio
di maggio, sono dislocati ad Haiti anche 115 carabinieri sotto la guida del tenente
colonnello, Nicola Mangiavalori, comandante e portavoce della Formed Police
United dei carabinieri. Su questa missione, si sofferma sempre al microfono di Fabio
Colagrande proprio il tenente colonnello Mangialavori:
R. - Essenzialmente,
abbiamo un compito di supporto nei confronti della Polizia haitiana e quindi svolgiamo
giornalmente - h24 - servizi insieme a loro. Non abbiamo un mandato esecutivo, ma
siamo di supporto alla Polizia haitiana che è pienamente capace e responsabile nella
propria terra. Noi siamo a loro supporto, soprattutto nelle aree più sensibili della
città e quelle che poi, in realtà, costituiscono la nostra area di competenza, che
è quella vicino al porto. Ci sono molte baraccopoli, tendopoli e molti degli sfollati
dopo il terremoto si sono addensati là e che vivono in condizioni inimmaginabili e
precarie.
D. - Tenendo conto proprio delle condizioni particolari della
popolazione, in quale tipo di operazioni siete coinvolti giornalmente?
R.
- La presenza sul territori con check-point e pattugliamento, sia in macchina che
a piedi. Da Carabinieri applichiamo poi quei canoni di servizio che sono tipici anche
dell’Italia e quindi il contatto col pubblico, la preferenza a svolgere servizio a
piedi piuttosto che in macchina: tutto questo ci permette di avvicinarci alla gente,
che apprezza molto questo nostro atteggiamento. (Montaggi a cura di Maria
Brigini)