Cile: il cardinale Errázuriz spiega la proposta della Chiesa di un gesto di clemenza
per i carcerati
Polemiche in Cile per la proposta della Chiesa locale circa un possibile gesto di
clemenza, da tradurre in un indulto, in occasione del Bicentenario dell'indipendenza
del Paese. L’arcivescovo di Santiago del Cile, cardinale Francisco Javier Errázuriz,
insieme con il vescovo di Rancagua, mons. Alejandro Goic, presidente dell’Episcopato,
ha rivolto la proposta al presidente della Repubblica e alle massime autorità del
Parlamento. Quindi ha spiegato il significato del gesto della Chiesa. Ce ne parla
in questo servizio Luis Badilla:
In un’intervista
rilasciata al quotidiano “El Mercurio”, il porporato torna a ribadire che per la Chiesa
il motto “Né perdono né oblio” non è “compatibile con un popolo che ha profonde radici
cristiane”. E’ certo - osserva il cardinale, con riferimento all’idea di includere
nell’indulto persone condannate per violazione dei diritti umani - che “non può esistere
l’oblio”, ma è altrettanto certo “che una società riconciliata deve sapere collocare
il perdono accanto alla verità e alla giustizia”. Offrendo chiarimenti di fronte alle
critiche, spesso senza fondamento, indirizzate alla proposta della Chiesa, il cardinale
cileno spiega che è stato chiesto un gesto di clemenza in occasione del Bicentenario.
L’arcivescovo
di Santiago del Cile poi precisa: “La decisione su quale sia la misura adeguata non
ci appartiene, non è una nostra responsabilità (…) Ciò che ci preme è la situazione
di tante donne e tanti uomini, che oltre ad essere privati dalla loro libertà, patiscono
tante altre pene come la promiscuità, le violenze, la mancanza di mezzi per la riabilitazione,
malattie, a volte in fase terminale”. Riflettendo su argomenti utilizzati contro la
proposta, prima che fosse conosciuta e pubblicata integralmente, l’arcivescovo cileno
non accetta che si dica che la Chiesa favorisce l’impunità. E’ stata proprio la comunità
ecclesiale e i suoi pastori – ribadisce il porporato - a battersi contro la violazione
dei diritti umani. Riconoscendo il medesimo contributo e la medesima lotta da parte
di numerose altre associazioni e gruppi, il cardinale ricorda però che “nulla ostacola
che ci sia sempre giustizia con clemenza” anche perché “perdonare non significa essere
deboli o volere l’impunità”. Nel caso specifico di chi sconta condanne per violazione
dei diritti umani, il cardinale Francisco Javier Errázuriz, così come si legge nel
documento consegnato alle più alte autorità del Paese, spiega che la Chiesa ha proposto
quattro criteri concreti: il grado di responsabilità avuto dal condannato nei fatti
contestati, il grado di libertà e autonomia che ha avuto per eseguire gli ordini,
i gesti di umanità avuti nei confronti delle persone sotto il suo controllo (nelle
carceri, campi di reclusioni, luoghi segreti per la tortura ..) e, infine, le espressioni
di pentimento e ravvedimento palesate lungo il percorso processuale. Inoltre, ribadisce
il porporato, “la nostra richiesta propone all’autorità di escludere dall’indulto
i fatti di sangue”.
Sulle critiche secondo cui la Chiesa con questa
proposta cancella il suo limpido passato in difesa dei diritti umani, l’arcivescovo
di Santiago del Cile conclude: “E’ impossibile cancellare tutto il bene che si è fatto.
Ciò ormai fa parte della storia” e, soprattutto, è nel cuore di migliaia e migliaia
di cileni che hanno conosciuto e apprezzato “l’opera della Chiesa cilena, dei suoi
vescovi, dei suoi organismi umanitari”. In Cile i militari o funzionari delle Forze
armate che attualmente scontano in carcere condanne per violazione dei diritti umani
non sono più di 60. Alla domanda su quanti possano beneficiare di un possibile indulto
il cardinale infine risponde: “Noi, che studiamo questa idea da quasi due anni, non
abbiamo fatto calcoli. Il numero dipenderà dai criteri che adotta il governo. Non
è possibile un indulto generalizzato, ma neanche il rifiuto di quest’indulto in casi
particolari”. Va sempre studiato il singolo caso con dei criteri precisi “e noi abbiamo
alcune proposte”.