Pakistan: avvocato musulmano contro la legge sulla blasfemia. Dopo 14 anni libera
una donna
La legge sulla blasfemia e l’estremismo islamico “sono i mali oscuri della società
pakistana”, “ne turbano gli equilibri, l’armonia, la legalità”: è quanto dice in un
colloquio con l’agenzia Fides Muhammad Aslam Khaki, giurista e avvocato musulmano,
all’indomani della barbara uccisione dei fratelli Emmanuel a Faisalabad. Aslam Khaki,
impegnato a tutto campo per la difesa dei diritti umani e contro il fondamentalismo
religioso in Pakistan, oggi difende alcuni imputati accusati di blasfemia, anche cristiani.
Per questo subisce non di rado “pressioni e minacce”, che non hanno però scalfito
il suo impegno per la legalità. Sul caso dei fratelli Emmanuel, Aslam Khaki “condanna
apertamente la violenza. Nessuno può farsi giustizia da solo: questo è un principio
cardine nello Stato di diritto. I due cristiani, inoltre, erano innocenti e il tribunale
li aveva scagionati. Questi avvenimenti sono ferite alla legalità e al rispetto dei
diritti umani, che il Pakistan deve curare”. Sono ferite create dalla discussa “legge
sulla blasfemia, che crea disarmonia nella società e problemi specialmente alle minoranze
religiose. E’ una legge di cui non abbiamo bisogno nel Paese". L’avvocato si dice
favorevole all’abolizione della legge, ma questo, sottolinea, “dipende dal Parlamento
e credo sarà molto difficile che accada. I politici, infatti – rimarca – subiscono
le pressioni dei gruppi islamici radicali che minacciano proteste e rivolte di piazza.
Si teme cioè, la perdita di consensi, anche perchè la gente comune si fa influenzare
e, trascorsi oltre 20 anni da quando è in vigore, pensa che la legge serva a difendere
il nome del Profeta”. La legge viene abusata per controversie di ogni genere e vendette
personali. Inoltre spesso persone innocenti passano in carcere due o tre anni prima
di essere scagionati e assolti. E' di ieri infatti la notizia ripresa dall'agenzia
AsiaNews che l’Alta corte di Lahore ha ordinato il rilascio, dopo 14 anni di galera,
di una donna accusata di blasfemia. La rilasciata era stata rinchiusa senza processo
nel braccio per malati mentali della prigione locale dal 1996. All’epoca, venne accusata
di aver dissacrato il Corano e le autorità, senza prove, ne decisero l’arresto. Oggi
il giudice a capo della Corte, Khawaja Mohammad Sharif, ha spiegato di "aver ordinato
il rilascio della donna, contro la quale non sono state trovate prove". L’uomo ha
espresso "dispiacere" per la sua lunga e ingiusta detenzione. La donna venne arrestata
nella cittadina di Rawat, vicino alla capitale Islamabad, dopo che un vicino di casa
sostenne di averla vista dissacrare il Corano. (R.P.)