Alte misure di sicurezza, ma nessuno scontro finora in Burundi, oggi nuovamente alle
urne per eleggere i 100 deputati che dovranno formare il Parlamento. Si tratta della
penultima tappa di una lunga maratona elettorale che si concluderà a settembre, e
che nelle comunali e poi nelle presidenziali di giugno ha visto prevalere il partito
del presidente uscente, Pierre Nkurunziza, unico candidato in lista e riconfermato
per un secondo mandato. Anche oggi è lui il grande favorito, mentre l’unica vera formazione
all’opposizione, il partito tutsi “Uprona”, boicotta il voto, lamentando brogli e
un costante clima di tensione. Per una lettura della situazione nel Paese africano
impegnato in questo importante percorso elettorale, Gabriella Ceraso ha sentito
Angelo Inzoli della rivista “Popoli”:
R. - Bisogna
dire che questo governo, nei cinque anni, ha governato come ha potuto. Il Burundi
rimane un Paese molto povero e stremato da 15 anni di tensioni. Stremato perché la
sua economia si è ridotta ai minimi termini, perché la gente si sente ostaggio di
élites politiche che la usano e non sono poi in grado di incidere, con delle scelte,
per il benessere del Paese. In questi cinque anni, quindi, Nkurunziza non aveva grandi
possibilità, però possiamo certamente dire che ha dilapidato il patrimonio di fiducia
anche internazionale nei confronti della sua iniziativa politica. Con questo non ha
annullato la sua capacità di controllo del Paese, anzi. Quello che lui ha fatto è
stato eliminare l’opposizione interna al partito, ha creato una situazione di difficili
rapporti con il mondo dei media. E' un leader che si è costruito politicamente con
una guerra e quando il potere lo si prende, lo si tiene fino alla fine.
D.
- Tutt’ora, comunque, rimane Nkurunziza il favorito, nonostante il boicottaggio dell’opposizione.
Che ne sarà, dunque, alla fine di questa tornata elettorale?
R. - Penso
che ci sarà una sostanziale conferma della situazione attuale e dello status quo,
perché questa classe politica gode ancora di una certa legittimità, ancora non ha
avuto il tempo di dimostrare che farà esattamente il contrario. Sicuramente nelle
opposizioni - quelle che si sono ritirate - ci sono delle figure politiche che vengono
dalla società civile, delle figure interessanti che parlano però ad un Burundi che
esisterà forse tra 30 anni, perché parlano di una classe media, di un Burundi istruito
e che cerca altre alternative.
D. - Si tratta, quindi, di un cambiamento
più apparente che reale, in sostanza…
R. - Un cambiamento che richiede
ancora del tempo. E’ comunque una dinamica positiva il fatto che ci siano state le
elezioni, anche se non c’è ancora la capacità di appropriarsi del meccanismo democratico.