I cristiani testimoni di un Dio "che ha un volto": il cardinale Tauran sul recente
incontro interreligioso di Sampran, in Thailandia
Il dialogo fra le comunità religiose a servizio delle comunità civili, come strumento
utile per stemperare i conflitti e promuovere la riconciliazione a tutti i livelli.
E’ stato questo uno dei temi al centro dell’incontro organizzato dal Pontificio Consiglio
per il Dialogo Interreligioso e tenutosi nei giorni scorsi in Thailandia nella sede
del "Baan Phu Waan Pastoral Center" di Sampran, nei pressi di Bangkok. All’incontro
ha partecipato, tra gli altri, anche il cardinale Jean-Louis Tauran, presidente
del Pontificio Consiglio per il Dialogo Interreligioso. Helene Destombes, del
programma francese della nostra emittente, ha chiesto al porporato quale sia l’attuale
volto della Chiesa in Thailandia:
R. – Nous
sommes venus là-bas pour écouter, apprendre et partager… Siamo andati per
ascoltare, imparare e condividere. E’ questo che ci guida nei nostri scambi. In questi
incontri, mi colpisce innanzitutto la grande ricchezza spirituale e pastorale della
Chiesa in questa parte del mondo: è una Chiesa che ha sofferto ma che ha saputo superare
le prove. Poi mi ha sorpreso che dai nostri interlocutori delle altre religioni possiamo
apprendere molti valori. Dagli indù, ad esempio, possiamo imparare la meditazione
e la contemplazione, dai buddisti possiamo imparare il distacco dai beni materiali
e il rispetto della vita… E’ importante che noi facciamo vedere che, anche se siamo
una minoranza, siamo però una minoranza che "conta": è in effetti, noi “contiamo”,
perché la nostra parola è ascoltata, abbiamo le nostre scuole, la Chiesa è presente
un po’ ovunque… Come dice Benedetto XVI nella sua enciclica Spe salvi, la nostra
caratteristica specifica è che il nostro Dio ha un volto: è un Dio che si è fatto
prossimo all’uomo, all’uomo che cerca, che soffre, dell’uomo felice, dell’uomo che
costruisce e tutto questo rappresenta una ricchezza che condividiamo con molti.
D.
– Come lei ha detto, la comunità cristiana è esigua nel Paese: rappresenta circa l’un
per cento della popolazione. Quali i suoi campi d’azione?
R. – Je crois
que l’action la plus visible c’est les écoles… Credo che il campo più importante,
per visibilità, siano le scuole. Le nostre scuole sono molto richieste: evidentemente,
rappresentano una caratteristica della nostra presenza. Poi, c’è tutto quello che
riguarda la carità e anche la vita in parrocchia, attività umili ma concrete. I cattolici
sono noti sul terreno per la realtà della loro vita quotidiana… Ora, c’è grande consapevolezza
da una parte e dall’altra della presenza di Dio in questa vicinanza.
D.
– Nella primavera scorsa, il Paese ha vissuto una profonda crisi politica. Lei pensa
che le religioni possano svolgere un ruolo per stemperare questo clima di tensioni?
R.
– Toutes les religions, plus ou moins, parlent de fraternité, de solidarité… Tutte
le religioni, chi più chi meno, parlano di fratellanza, di solidarietà e questo mi
sembra già molto. Mi ha colpito la consapevolezza vicendevole delle ricchezze che
abbiamo da condividere, quei valori di cui parlavo. E la ragione per cui condividiamo
queste ricchezze è che vogliamo che servano al miglioramento dell’atmosfera non soltanto
in campo interreligioso, ma nella vita quotidiana degli uomini e delle donne che appartengono
a religioni diverse, a classi sociali diverse, a culture diverse. E’ possibile essere
felici insieme: è semplice.