Corte di giustizia dell'Aja: l'indipendenza del Kosovo non ha violato il diritto
internazionale
La proclamazione di indipendenza del Kosovo del 17 febbraio 2008 “non ha violato il
diritto internazionale generale, né la risoluzione 1244 delle Nazioni Unite”: con
queste parole la Corte di giustizia dell'Aja ha espresso, ieri, il proprio parere
sull’autoproclamazione d’indipendenza di Pristina dalla Serbia. Anche se con valore
consultivo, il pronunciamento ha subito innescato reazioni: il premier kosovaro Hashim
Tachi ha parlato di ''vittoria storica'', mentre il presidente della Serbia, Boris
Tadic, ha precisato che Belgrado non riconoscerà ''mai l'indipendenza del Kosovo''.
Gli Stati Uniti hanno accolto con soddisfazione la decisione dell’Aja; la Russia ha
sottolineato invece che il parere non costituisce “una base legale per l'indipendenza”
di Pristina. Sulla decisione dell’Aja, Giada Aquilino ha raccolto il commento
di Mauro Ungaro, direttore del settimanale dell’arcidiocesi di Gorizia La
Voce Isontina,che da sempre si occupa di questioni balcaniche:
R. – Credo
che si possa leggere come un “non-punto” a favore di Belgrado. In fondo, il quadro
internazionale dopo questa pronuncia della Corte dell’Aja non cambia molto. Adesso
il Tribunale dell’Aja dovrà portare la propria decisione, a fine agosto o ai primi
di settembre, dinanzi all’Assemblea generale delle Nazioni Unite e sappiamo che lì
il peso della Serbia è indubbiamente diverso.
D. – La risposta della
Serbia è che non riconoscerà mai il Kosovo e che la parola, appunto, passa all’Assemblea
generale dell’Onu. Adesso, quale sarà la linea di Belgrado?
R. – La
Serbia è impegnata su un fronte molto importante, che è quello dell’adesione all’Unione
Europea. Non può perdere questa occasione, soprattutto per quanto riguarda lo sviluppo
della propria economia. A mio parere, la nascita di un Kosovo indipendente ormai è
un dato di fatto, senza dimenticare però che parte del territorio del Kosovo, come
ricordava anche il cardinale Kasper in un intervento di aprile, è in fondo la culla
e l’origine dell’ortodossia serba.
D. – I timori della comunità internazionale
ora sono per il Nord del Kosovo, per esempio per Mitrovica, divisa in due tra comunità
serba e comunità albanese. C’è il rischio di nuove tensioni?
R. – Ci
potrebbero essere delle tensioni, ma momentanee. Sostanzialmente, credo che tutte
e due le parti, in questo momento, guardino all’Unione Europea. La dichiarazione della
Corte dell’Aja, in fondo, dice che il Kosovo può essere indipendente. Questo è un
punto che non viene accettato da quegli Stati dell’Unione Europea che finora non hanno
riconosciuto il Kosovo, perché hanno al loro interno delle minoranze etniche che potrebbero
prendere spunto proprio da questa dichiarazione di indipendenza per avanzare delle
pretese. L’Unione Europea ha un ruolo importantissimo nel futuro del Kosovo e mai
come in questo momento, dopo la dichiarazione di ieri, un’Unione Europea unita può
effettivamente dire molto sul futuro del Kosovo. Un Kosovo indipendente dovrà sempre
più entrare in un’ottica europea per cercare di porre fine alla corruzione interna
e ad un’economia che dipende troppo, in questo momento, dagli aiuti internazionali.
Kosovo,
arresto governatore banca centrale Il governatore della Banca centrale del
Kosovo è stato arrestato oggi nel quadro di un’inchiesta per corruzione ed evasione
fiscale. Lo ha fatto sapere la Missione europea di polizia e di giustizia nella regione.
Colombia-Venezuela Improvvisa
impennata della tensione in America Latina. Il presidente venezuelano, Hugo Chavez,
ha concretizzato la minaccia lanciata un paio di settimane fa ed ha annunciato la
rottura dei rapporti diplomatici con la Colombia. Poco dopo il ministro degli Esteri,
Nicolas Maduro, ha dato 72 ore di tempo ai diplomatici di Bogotà per chiudere l'ambasciata
e lasciare Caracas. Ce ne parla Francesca Ambrogetti:
Il primo
atto di questa crisi annunciata era avvenuto poche ore prima: nel corso dell’Assemblea
straordinaria dell’Organizzazione degli Stati americani, l’ambasciatore colombiano
aveva accusato il Venezuela di consentire la presenza operativa nel suo territorio
di 1500 guerriglieri delle Forze armate rivoluzionarie della Colombia. “Non potevamo
fare altrimenti: è una questione di dignità!”, ha detto Chavez che ha attaccato duramente
il presidente colombiano Alvaro Uríbe, affermando che agisce istigato dagli Stati
Uniti. “Siamo a rischio di guerra”, ha aggiunto. Il segretario generale delle Nazioni
Unite ha lanciato un appello ai due Paesi: “Risolvete le vostre differenze con il
dialogo”, ha detto Ban Ki-moon. A Washington, il portavoce del Dipartimento di Stato
ha affermato che la rottura dei rapporti non è stato un buon modo di agire. Intanto,
proprio ieri il presidente eletto della Colombia, Juan Manuel Santos, che verrà insediato
il 7 agosto, ha iniziato in Messico un viaggio in America Latina, primo passo di una
politica estera che prevede un maggiore avvicinamento ai Paesi del continente, compreso
il Venezuela.
Iraq-Stati Uniti “È ora che i dirigenti iracheni
esercitino le loro responsabilità costituzionali e formino un governo senza ritardi”,
è l’esortazione espressa dal presidente Usa Obama a quattro mesi dalle elezioni parlamentari
irachene, Incontrando l'ambasciatore americano a Baghdad, Christopher Hill ed il comandante
delle truppe statunitensi nel Paese, generale Ray Odierno. Dallo scorso 7 marzo, data
delle elezioni politiche, i partiti non sono riusciti a trovare un accordo per la
formazione del futuro esecutivo. L’amministrazione americana ha intanto confermato
il ritiro, per la fine di agosto, di 50 mila soldati, come previsto dal piano di ridispiegamento
concordato con le autorità di Baghdad. Sul terreno però continuano a registrarsi violenze:
ieri nella capitale sono rimasti uccisi tre "contractors" dopo il lancio di alcuni
razzi. A Mosul due civili sono morti in altrettanti scontri a fuoco.
Afghanistan:
abbattuto elicottero Nato, muoiono due soldati Un gruppo di ribelli afghani
ha abbattuto un elicottero della Nato nel distretto di Lashkar Gah, nella provincia
di Helmand, uccidendo due soldati della coalizione internazionale. Lo ha detto all’Afp
il portavoce dei talebani, Zabihullah Mujahed, mentre l’Isaf, International Security
Assistance Force, ha fatto sapere che l’incidente è ancora “sotto indagine”. Negli
ultimi due mesi le perdite delle truppe straniere in Afghanistan sono salite in modo
significativo, con 102 morti a giugno, mentre dall’inizio dell’anno sono stati 309
i soldati dell’Isaf che hanno perso la vita. Intanto, questa mattina numerose personalità
afghane sono state ricevute dal presidente Karzai a cui hanno richiesto di accelerare
la costituzione di un Alto Consiglio di Pace che possa mediare fra l’opposizione armata
ed il governo. L’organismo dovrebbe essere composto da parlamentari, membri di consigli
provinciali anziani tribali ed altri rappresentanti politici.
Mauritania:
fallito blitz dell’esercito per liberare ostaggio francese E’ fallito questa
mattina, il blitz dell’esercito mauritano scattato per liberare Michel Germaneau,
il cittadino francese caduto il 19 aprile scorso nelle mani dei terroristi islamici.
Nell’attacco, avvenuto in un’area desertica del Paese, contro una base usata come
rifugio dai militanti di Al-Qaeda, sono stati uccisi 6 terroristi. “Il gruppo di terroristi
obiettivo dell’esercito mauritano - spiega il ministero della Difesa francese in una
nota - è quello che ha giustiziato un ostaggio britannico un anno fa, e che rifiuta
di dare prove dello stato di salute e di intraprendere un dialogo per la liberazione
del nostro connazionale”. L’operazione, precisa ancora la Difesa francese, “ha permesso
di neutralizzare il gruppo di terroristi e di far fallire un progetto di attacco contro
obiettivi in Mauritania”.
Burundi - elezioni Alte misure di sicurezza,
ma nessuno scontro finora in Burundi, oggi nuovamente alle urne per eleggere i 100
deputati che dovranno formare il Parlamento. Si tratta della penultima tappa di una
lunga maratona elettorale che si concluderà a settembre, e che nelle comunali e poi
nelle presidenziali di giugno ha visto prevalere il partito del presidente uscente,
Pierre Nkurunziza, unico candidato in lista e riconfermato per un secondo mandato.
Anche oggi è lui il grande favorito, mentre l’unica vera formazione all’opposizione,
il partito tutsi “Uprona”, boicotta il voto, lamentando brogli e un costante clima
di tensione. Per una lettura della situazione nel Paese africano impegnato in questo
importante percorso elettorale, Gabriella Ceraso ha sentito Angelo Inzoli
della rivista “Popoli”:
R. - Bisogna
dire che questo governo, nei cinque anni, ha governato come ha potuto. Il Burundi
rimane un Paese molto povero e stremato da 15 anni di tensioni. Stremato perché la
sua economia si è ridotta ai minimi termini, perché la gente si sente ostaggio di
élites politiche che la usano e non sono poi in grado di incidere, con delle scelte,
per il benessere del Paese. In questi cinque anni, quindi, Nkurunziza non aveva grandi
possibilità, però possiamo certamente dire che ha dilapidato il patrimonio di fiducia
anche internazionale nei confronti della sua iniziativa politica. Con questo non ha
annullato la sua capacità di controllo del Paese, anzi. Quello che lui ha fatto è
stato eliminare l’opposizione interna al partito, ha creato una situazione di difficili
rapporti con il mondo dei media. E' un leader che si è costruito politicamente con
una guerra e quando il potere lo si prende, lo si tiene fino alla fine.
D.
- Tutt’ora, comunque, rimane Nkurunziza il favorito, nonostante il boicottaggio dell’opposizione.
Che ne sarà, dunque, alla fine di questa tornata elettorale?
R. - Penso
che ci sarà una sostanziale conferma della situazione attuale e dello status quo,
perché questa classe politica gode ancora di una certa legittimità, ancora non ha
avuto il tempo di dimostrare che farà esattamente il contrario. Sicuramente nelle
opposizioni - quelle che si sono ritirate - ci sono delle figure politiche che vengono
dalla società civile, delle figure interessanti che parlano però ad un Burundi che
esisterà forse tra 30 anni, perché parlano di una classe media, di un Burundi istruito
e che cerca altre alternative.
D. - Si tratta, quindi, di un cambiamento
più apparente che reale, in sostanza…
R. - Un cambiamento che richiede
ancora del tempo. E’ comunque una dinamica positiva il fatto che ci siano state le
elezioni, anche se non c’è ancora la capacità di appropriarsi del meccanismo democratico.
Sudan
- Ue Dura presa di posizione dell’Unione Europea nei confronti del presidente
sudanese Al Beshir, accusato di genocidio e crimini di guerra per il conflitto in
Darfur. L'Alto rappresentante per la politica estera dell’Ue, Catherine Ashton, ha
chiesto al Ciad di arrestare il capo di Stato. A N'djamena, infatti, è in corso il
vertice delle Comunità dei Paesi Sahelo-Sahariani al quale partecipa lo stesso Al
Beshir.
Egitto Il presidente Mubarak è ricomparso in televisione
per la prima volta, ieri sera, da quando lo scorso marzo, ha avuto problemi di salute
che hanno suscitato congetture sulla sua successione. Il leader - 82 anni - ha tenuto
un discorso in diretta sulla televisione di Stato in occasione del 58.mo anniversario
della Rivoluzione.
Marea Nera Nel Golfo del Messico stop alle attività
di chiusura della falla, all'origine della marea nera, e alle attività di ripulitura
delle acque contaminate dal petrolio per l'arrivo della tempesta tropicale "Bonnie",
prevista per le prime ore di domani. Circa 2000 persone e centinaia di navi hanno
iniziato le operazioni di evacuazione. Per saperne di più ascoltiamo il servizio di
Elisa Castellucci:
Si è formata
nei pressi delle isole Bahamas, ed è stata battezzata “Bonnie”, la temuta tempesta
tropicale che raggiungerà la zona del Golfo del Messico dove la Bp sta tentando da
3 mesi di tamponare la fuoriuscita di petrolio dal pozzo sottomarino danneggiato.
Lo ha annunciato oggi il Centro nazionale uragani riferendosi alla seconda tempesta
della stagione individuata nell’Atlantico e che al momento sta procedendo ad una velocità
di 25 km orari. In vista dell’arrivo per le prime ore di domani, le autorità americane
hanno deciso di evacuare 215 navi e le circa 2 mila persone impiegate nelle operazioni
di bonifica del greggio fuoriuscito dal pozzo. Di comune accordo con le autorità Usa,
la Bp ha fatto sapere in un comunicato che “il pozzo sottomarino, è stato tappato
sette giorni fa e che per il momento resterà chiuso, assicurando che continuerà a
monitorarlo finché le condizioni meteo lo consentiranno”. Secondo il responsabile
per Washington delle operazioni nel Golfo a causa di "Bonnie", le attività sul pozzo
potranno subire un ritardo fra i 10 e 14 giorni. Intanto, continuano ad arrivare stime
sui danni che la marea nera provocherà all’economia dell’intera area statunitense
del Golfo del Messico. Una ricerca della Oxford Economics ha calcolato che il disastro
ambientale potrebbe far perdere in tre anni 22,7 miliardi di dollari in proventi del
turismo agli Stati dell’Alabama, Florida, Mississippi e Texas.
Filippine
ciclone È salito a 111 morti e 45 dispersi il bilancio delle vittime del ciclone
che la scorsa settimana ha flagellato le Filippine. ''Non perdiamo la speranza di
ritrovare ancora vivo qualcuno di loro. Potrebbero trovarsi in mare alla deriva'',
ha dichiarato Benito Ramos, responsabile della Protezione Civile del Paese asiatico.
(Panoramica internazionale a cura di Marco Guerra e Elisa Castelucci)
Bollettino
del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LIV no. 204
E' possibile
ricevere gratuitamente, via posta elettronica, l'edizione quotidiana del Bollettino
del Radiogiornale. La richiesta può essere effettuata sulla home page del sito www.radiovaticana.org/italiano.