2010-07-23 15:39:29

Corte di giustizia dell'Aja: l'indipendenza del Kosovo non ha violato il diritto internazionale


La proclamazione di indipendenza del Kosovo del 17 febbraio 2008 “non ha violato il diritto internazionale generale, né la risoluzione 1244 delle Nazioni Unite”: con queste parole la Corte di giustizia dell'Aja ha espresso, ieri, il proprio parere sull’autoproclamazione d’indipendenza di Pristina dalla Serbia. Anche se con valore consultivo, il pronunciamento ha subito innescato reazioni: il premier kosovaro Hashim Tachi ha parlato di ''vittoria storica'', mentre il presidente della Serbia, Boris Tadic, ha precisato che Belgrado non riconoscerà ''mai l'indipendenza del Kosovo''. Gli Stati Uniti hanno accolto con soddisfazione la decisione dell’Aja; la Russia ha sottolineato invece che il parere non costituisce “una base legale per l'indipendenza” di Pristina. Sulla decisione dell’Aja, Giada Aquilino ha raccolto il commento di Mauro Ungaro, direttore del settimanale dell’arcidiocesi di Gorizia La Voce Isontina, che da sempre si occupa di questioni balcaniche:RealAudioMP3

R. – Credo che si possa leggere come un “non-punto” a favore di Belgrado. In fondo, il quadro internazionale dopo questa pronuncia della Corte dell’Aja non cambia molto. Adesso il Tribunale dell’Aja dovrà portare la propria decisione, a fine agosto o ai primi di settembre, dinanzi all’Assemblea generale delle Nazioni Unite e sappiamo che lì il peso della Serbia è indubbiamente diverso.

D. – La risposta della Serbia è che non riconoscerà mai il Kosovo e che la parola, appunto, passa all’Assemblea generale dell’Onu. Adesso, quale sarà la linea di Belgrado?

R. – La Serbia è impegnata su un fronte molto importante, che è quello dell’adesione all’Unione Europea. Non può perdere questa occasione, soprattutto per quanto riguarda lo sviluppo della propria economia. A mio parere, la nascita di un Kosovo indipendente ormai è un dato di fatto, senza dimenticare però che parte del territorio del Kosovo, come ricordava anche il cardinale Kasper in un intervento di aprile, è in fondo la culla e l’origine dell’ortodossia serba.

D. – I timori della comunità internazionale ora sono per il Nord del Kosovo, per esempio per Mitrovica, divisa in due tra comunità serba e comunità albanese. C’è il rischio di nuove tensioni?

R. – Ci potrebbero essere delle tensioni, ma momentanee. Sostanzialmente, credo che tutte e due le parti, in questo momento, guardino all’Unione Europea. La dichiarazione della Corte dell’Aja, in fondo, dice che il Kosovo può essere indipendente. Questo è un punto che non viene accettato da quegli Stati dell’Unione Europea che finora non hanno riconosciuto il Kosovo, perché hanno al loro interno delle minoranze etniche che potrebbero prendere spunto proprio da questa dichiarazione di indipendenza per avanzare delle pretese. L’Unione Europea ha un ruolo importantissimo nel futuro del Kosovo e mai come in questo momento, dopo la dichiarazione di ieri, un’Unione Europea unita può effettivamente dire molto sul futuro del Kosovo. Un Kosovo indipendente dovrà sempre più entrare in un’ottica europea per cercare di porre fine alla corruzione interna e ad un’economia che dipende troppo, in questo momento, dagli aiuti internazionali.

Kosovo, arresto governatore banca centrale
Il governatore della Banca centrale del Kosovo è stato arrestato oggi nel quadro di un’inchiesta per corruzione ed evasione fiscale. Lo ha fatto sapere la Missione europea di polizia e di giustizia nella regione.

Colombia-Venezuela
Improvvisa impennata della tensione in America Latina. Il presidente venezuelano, Hugo Chavez, ha concretizzato la minaccia lanciata un paio di settimane fa ed ha annunciato la rottura dei rapporti diplomatici con la Colombia. Poco dopo il ministro degli Esteri, Nicolas Maduro, ha dato 72 ore di tempo ai diplomatici di Bogotà per chiudere l'ambasciata e lasciare Caracas. Ce ne parla Francesca Ambrogetti:RealAudioMP3

Il primo atto di questa crisi annunciata era avvenuto poche ore prima: nel corso dell’Assemblea straordinaria dell’Organizzazione degli Stati americani, l’ambasciatore colombiano aveva accusato il Venezuela di consentire la presenza operativa nel suo territorio di 1500 guerriglieri delle Forze armate rivoluzionarie della Colombia. “Non potevamo fare altrimenti: è una questione di dignità!”, ha detto Chavez che ha attaccato duramente il presidente colombiano Alvaro Uríbe, affermando che agisce istigato dagli Stati Uniti. “Siamo a rischio di guerra”, ha aggiunto. Il segretario generale delle Nazioni Unite ha lanciato un appello ai due Paesi: “Risolvete le vostre differenze con il dialogo”, ha detto Ban Ki-moon. A Washington, il portavoce del Dipartimento di Stato ha affermato che la rottura dei rapporti non è stato un buon modo di agire. Intanto, proprio ieri il presidente eletto della Colombia, Juan Manuel Santos, che verrà insediato il 7 agosto, ha iniziato in Messico un viaggio in America Latina, primo passo di una politica estera che prevede un maggiore avvicinamento ai Paesi del continente, compreso il Venezuela.

Iraq-Stati Uniti
“È ora che i dirigenti iracheni esercitino le loro responsabilità costituzionali e formino un governo senza ritardi”, è l’esortazione espressa dal presidente Usa Obama a quattro mesi dalle elezioni parlamentari irachene, Incontrando l'ambasciatore americano a Baghdad, Christopher Hill ed il comandante delle truppe statunitensi nel Paese, generale Ray Odierno. Dallo scorso 7 marzo, data delle elezioni politiche, i partiti non sono riusciti a trovare un accordo per la formazione del futuro esecutivo. L’amministrazione americana ha intanto confermato il ritiro, per la fine di agosto, di 50 mila soldati, come previsto dal piano di ridispiegamento concordato con le autorità di Baghdad. Sul terreno però continuano a registrarsi violenze: ieri nella capitale sono rimasti uccisi tre "contractors" dopo il lancio di alcuni razzi. A Mosul due civili sono morti in altrettanti scontri a fuoco.

Afghanistan: abbattuto elicottero Nato, muoiono due soldati
Un gruppo di ribelli afghani ha abbattuto un elicottero della Nato nel distretto di Lashkar Gah, nella provincia di Helmand, uccidendo due soldati della coalizione internazionale. Lo ha detto all’Afp il portavoce dei talebani, Zabihullah Mujahed, mentre l’Isaf, International Security Assistance Force, ha fatto sapere che l’incidente è ancora “sotto indagine”. Negli ultimi due mesi le perdite delle truppe straniere in Afghanistan sono salite in modo significativo, con 102 morti a giugno, mentre dall’inizio dell’anno sono stati 309 i soldati dell’Isaf che hanno perso la vita. Intanto, questa mattina numerose personalità afghane sono state ricevute dal presidente Karzai a cui hanno richiesto di accelerare la costituzione di un Alto Consiglio di Pace che possa mediare fra l’opposizione armata ed il governo. L’organismo dovrebbe essere composto da parlamentari, membri di consigli provinciali anziani tribali ed altri rappresentanti politici.

Mauritania: fallito blitz dell’esercito per liberare ostaggio francese
E’ fallito questa mattina, il blitz dell’esercito mauritano scattato per liberare Michel Germaneau, il cittadino francese caduto il 19 aprile scorso nelle mani dei terroristi islamici. Nell’attacco, avvenuto in un’area desertica del Paese, contro una base usata come rifugio dai militanti di Al-Qaeda, sono stati uccisi 6 terroristi. “Il gruppo di terroristi obiettivo dell’esercito mauritano - spiega il ministero della Difesa francese in una nota - è quello che ha giustiziato un ostaggio britannico un anno fa, e che rifiuta di dare prove dello stato di salute e di intraprendere un dialogo per la liberazione del nostro connazionale”. L’operazione, precisa ancora la Difesa francese, “ha permesso di neutralizzare il gruppo di terroristi e di far fallire un progetto di attacco contro obiettivi in Mauritania”.

Burundi - elezioni
Alte misure di sicurezza, ma nessuno scontro finora in Burundi, oggi nuovamente alle urne per eleggere i 100 deputati che dovranno formare il Parlamento. Si tratta della penultima tappa di una lunga maratona elettorale che si concluderà a settembre, e che nelle comunali e poi nelle presidenziali di giugno ha visto prevalere il partito del presidente uscente, Pierre Nkurunziza, unico candidato in lista e riconfermato per un secondo mandato. Anche oggi è lui il grande favorito, mentre l’unica vera formazione all’opposizione, il partito tutsi “Uprona”, boicotta il voto, lamentando brogli e un costante clima di tensione. Per una lettura della situazione nel Paese africano impegnato in questo importante percorso elettorale, Gabriella Ceraso ha sentito Angelo Inzoli della rivista “Popoli”:RealAudioMP3

R. - Bisogna dire che questo governo, nei cinque anni, ha governato come ha potuto. Il Burundi rimane un Paese molto povero e stremato da 15 anni di tensioni. Stremato perché la sua economia si è ridotta ai minimi termini, perché la gente si sente ostaggio di élites politiche che la usano e non sono poi in grado di incidere, con delle scelte, per il benessere del Paese. In questi cinque anni, quindi, Nkurunziza non aveva grandi possibilità, però possiamo certamente dire che ha dilapidato il patrimonio di fiducia anche internazionale nei confronti della sua iniziativa politica. Con questo non ha annullato la sua capacità di controllo del Paese, anzi. Quello che lui ha fatto è stato eliminare l’opposizione interna al partito, ha creato una situazione di difficili rapporti con il mondo dei media. E' un leader che si è costruito politicamente con una guerra e quando il potere lo si prende, lo si tiene fino alla fine.

D. - Tutt’ora, comunque, rimane Nkurunziza il favorito, nonostante il boicottaggio dell’opposizione. Che ne sarà, dunque, alla fine di questa tornata elettorale?

R. - Penso che ci sarà una sostanziale conferma della situazione attuale e dello status quo, perché questa classe politica gode ancora di una certa legittimità, ancora non ha avuto il tempo di dimostrare che farà esattamente il contrario. Sicuramente nelle opposizioni - quelle che si sono ritirate - ci sono delle figure politiche che vengono dalla società civile, delle figure interessanti che parlano però ad un Burundi che esisterà forse tra 30 anni, perché parlano di una classe media, di un Burundi istruito e che cerca altre alternative.

D. - Si tratta, quindi, di un cambiamento più apparente che reale, in sostanza…

R. - Un cambiamento che richiede ancora del tempo. E’ comunque una dinamica positiva il fatto che ci siano state le elezioni, anche se non c’è ancora la capacità di appropriarsi del meccanismo democratico.

Sudan - Ue
Dura presa di posizione dell’Unione Europea nei confronti del presidente sudanese Al Beshir, accusato di genocidio e crimini di guerra per il conflitto in Darfur. L'Alto rappresentante per la politica estera dell’Ue, Catherine Ashton, ha chiesto al Ciad di arrestare il capo di Stato. A N'djamena, infatti, è in corso il vertice delle Comunità dei Paesi Sahelo-Sahariani al quale partecipa lo stesso Al Beshir.

Egitto
Il presidente Mubarak è ricomparso in televisione per la prima volta, ieri sera, da quando lo scorso marzo, ha avuto problemi di salute che hanno suscitato congetture sulla sua successione. Il leader - 82 anni - ha tenuto un discorso in diretta sulla televisione di Stato in occasione del 58.mo anniversario della Rivoluzione.

Marea Nera
Nel Golfo del Messico stop alle attività di chiusura della falla, all'origine della marea nera, e alle attività di ripulitura delle acque contaminate dal petrolio per l'arrivo della tempesta tropicale "Bonnie", prevista per le prime ore di domani. Circa 2000 persone e centinaia di navi hanno iniziato le operazioni di evacuazione. Per saperne di più ascoltiamo il servizio di Elisa Castellucci:RealAudioMP3

Si è formata nei pressi delle isole Bahamas, ed è stata battezzata “Bonnie”, la temuta tempesta tropicale che raggiungerà la zona del Golfo del Messico dove la Bp sta tentando da 3 mesi di tamponare la fuoriuscita di petrolio dal pozzo sottomarino danneggiato. Lo ha annunciato oggi il Centro nazionale uragani riferendosi alla seconda tempesta della stagione individuata nell’Atlantico e che al momento sta procedendo ad una velocità di 25 km orari. In vista dell’arrivo per le prime ore di domani, le autorità americane hanno deciso di evacuare 215 navi e le circa 2 mila persone impiegate nelle operazioni di bonifica del greggio fuoriuscito dal pozzo. Di comune accordo con le autorità Usa, la Bp ha fatto sapere in un comunicato che “il pozzo sottomarino, è stato tappato sette giorni fa e che per il momento resterà chiuso, assicurando che continuerà a monitorarlo finché le condizioni meteo lo consentiranno”. Secondo il responsabile per Washington delle operazioni nel Golfo a causa di "Bonnie", le attività sul pozzo potranno subire un ritardo fra i 10 e 14 giorni. Intanto, continuano ad arrivare stime sui danni che la marea nera provocherà all’economia dell’intera area statunitense del Golfo del Messico. Una ricerca della Oxford Economics ha calcolato che il disastro ambientale potrebbe far perdere in tre anni 22,7 miliardi di dollari in proventi del turismo agli Stati dell’Alabama, Florida, Mississippi e Texas.

Filippine ciclone
È salito a 111 morti e 45 dispersi il bilancio delle vittime del ciclone che la scorsa settimana ha flagellato le Filippine. ''Non perdiamo la speranza di ritrovare ancora vivo qualcuno di loro. Potrebbero trovarsi in mare alla deriva'', ha dichiarato Benito Ramos, responsabile della Protezione Civile del Paese asiatico. (Panoramica internazionale a cura di Marco Guerra e Elisa Castelucci)

Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LIV no. 204

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