Alla Corte di giustizia Onu la questione dell'indipendenza del Kosovo
Il tribunale penale internazionale per la ex Jugoslavia ha ordinato oggi un nuovo
processo per Ramush Haradinaj, ex primo ministro kosovaro assolto in primo grado nel
2008 dall'accusa di crimini di guerra e contro l'umanità durante la guerra in Kosovo.
Con lui, anche altri membri dell'esercito di liberazione. Il pronunciamento arriva
alla vigilia del parere non vincolante della Corte di giustizia Onu dell'Aja sulla
proclamazione unilaterale di indipendenza del Kosovo dalla Serbia, risalente a due
anni fa. Belgrado, da sempre contraria al riconoscimento, si dice disponibile ad un
progetto di risoluzione equilibrato concordato con l’Onu. Sull’altro fronte Pristina,
che spera in una decisione in armonia con gli interessi del popolo. Ma che Paese è
oggi la provincia autonoma indipendentista del Kosovo? Gabriella Ceraso ne
ha parlato con Paolo Quercia, analista del Centro militare studi strategici
(CEMISS):
R. - E’ uno
"Stato" che ha dichiarato la propria indipendenza e che si è inserito nella Comunità
internazionale con un riconoscimento parziale: sono circa 70 i Paesi che hanno dato
il riconoscimento come Stato indipendente. Al di là di questo, però, probabilmente
si tratta di un processo irreversibile e mantiene comunque aperte una serie di questioni
di sicurezza nella regione e nei rapporti con la Serbia, ma anche una serie di problematiche
interne sulla sostenibilità del Kosovo. Ricordiamo che si tratta di un Paese che ha
circa il 60 per cento di disoccupazione interna, un'economia grigia, con forti infiltrazioni
criminali, notevoli problemi interetnici. E’ tuttavia sotto tutela ancora da parte
della Nato ed anche dell’Unione Europea, che è presente con la missione Eulex di assistenza.
D.
- Questo parere, atteso e chiesto dalla Serbia nel 2008, resta comunque non vincolante.
Pur dovendo avere una sua validità, per molti analisti non potrà che essere molto
ambiguo per non creare scomodi precedenti. E’ d’accordo?
R. - E’ corretto!
Il parere non sarà definitivo ma sarà “pilatesco”. Dovrà comunque essere bilanciato
o in favore della legalità o della non legalità dell’indipendenza. Questo ovviamente
ha conseguenze importanti quando attualmente ci sono una serie di Paesi che potrebbero
procedere all’ulteriore riconoscimento del Kosovo. Il numero potrebbe superare anche
i cento ed avvicinarsi quindi al fatidico due terzi, che rappresenta poi la maggioranza
necessaria affinché vi possa esserci l’ingresso nell’assemblea generale delle Nazioni
Unite. Contrariamente, un parere che mantenesse dei buchi di legalità spingerebbe
ovviamente la Serbia ad una rinegoziazione dello status. Da questo punto di vista
il ministero degli Esteri serbo si è già pronunciato.
D. - Dunque mi
sembra di capire che in qualunque caso il parere non chiuderà una complessa vicenda
politica e diplomatica che contraddistingue questa terra…
R. - Sicuramente
aprirà una nuova fase e, in particolare, se spingerà ad una maggiore compattezza dei
Paesi dell’Unione Europea nel porre il riconoscimento del Kosovo come condizione all’ingresso
nell’Unione Europea. Qualora l’Unione Europea rimanesse divisa su questo punto, ovviamente
sarebbe difficile per Bruxelles condizionare il percorso di adesione di Belgrado all’Unione
Europea al riconoscimento del Kosovo. Contribuisce, quindi, a mantenere aperto il
contenzioso.