Pensieri di Benedetto XVI sulla liturgia odierna: compiere la volontà di Dio non limita
la libertà ma la realizza
“Chi fa la volontà del Padre mio che è nei cieli, egli è per me fratello, sorella
e madre”. La frase che chiude il brano del Vangelo di Matteo della liturgia di oggi
mette in risalto quella qualità, umana e divina insieme, che la Madonna e i Santi
hanno fatto brillare con grande intensità: la docilità alla volontà di Dio. Su questo
tema, Benedetto ha riflettuto in numerosi discorsi ed omelie del suo Pontificato,
come ricorda in questo servizio Alessandro De Carolis:
E’ in una
notte di Nazareth che una semplice parola fa piovere la grazia di Dio sulle miserie
degli uomini. Una giovane donna apre il cuore e china il capo dicendo un “sì” e da
quel momento la piega degli eventi sulla terra cambia per sempre, perché l’onda lunga
di quell’accettazione senza obiezioni né dubbi – osservava Benedetto XVI alcuni anni
fa – consente ancora oggi a Dio “di visitare l’umanità con la sua misericordia”. L’“eccomi”
assoluto di Maria al cospetto di Dio è una delle immagini più potenti nel percorso
di crescita nella fede cristiana. E a più di venti secoli da quella notte di Nazareth,
è anche una delle più provocatorie. Perché nell’epoca attuale della rivendicazione
ad oltranza di libertà dai contorni poco definiti e di diritti non sempre agganciati
ai doveri, in un’epoca in cui la celebrazione dell’individualità ha ferito a morte
il fascino della modestia e dell’umiltà, l’idea di una persona che annulli la propria
volontà nella volontà di un altro risulta poco comprensibile e per molti intollerabile:
“L'uomo non si fida di Dio. Egli cova il sospetto che Dio, in fin
dei conti, gli tolga qualcosa della sua vita, che Dio sia un concorrente che limita
la nostra libertà e che noi saremo pienamente esseri umani soltanto quando l'avremo
accantonato; insomma, che solo in questo modo possiamo realizzare in pienezza la nostra
libertà. L'uomo vive nel sospetto che l'amore di Dio crei una dipendenza e che gli
sia necessario sbarazzarsi di questa dipendenza per essere pienamente se stesso (…)
Piuttosto che sull'amore punta sul potere col quale vuole prendere in mano in modo
autonomo la propria vita”. (8 dicembre 2005)
In questo scenario
di esistenze vissute tra potere e sapere, ma soprattutto come se Dio non ci fosse,
Maria di Nazareth – ha ripetuto molte volte il Papa – diventa la personificazione
della potenza e della sapienza di un Dio che c’è e che trasforma meravigliosamente
l’essere umano disposto a dirgli un “sì”:
“L'uomo che si abbandona
totalmente nelle mani di Dio non diventa un burattino di Dio, una noiosa persona consenziente;
egli non perde la sua libertà (...) L'uomo che si volge verso Dio non diventa più
piccolo, ma più grande, perché grazie a Dio e insieme con Lui diventa grande, diventa
divino, diventa veramente se stesso. L'uomo che si mette nelle mani di Dio non si
allontana dagli altri, ritirandosi nella sua salvezza privata; al contrario, solo
allora il suo cuore si desta veramente ed egli diventa una persona sensibile e perciò
benevola ed aperta”. (8 dicembre 2005)
Benevola e aperta diventa
una persona che si conforma a Dio. Ma anche forte e prudente, come lo stesso Gesù
dimostra nel suo confronto solitario con Satana nel deserto:
“Gesù
antepone ai criteri umani l’unico criterio autentico: l’obbedienza alla volontà di
Dio. Anche questo è un insegnamento fondamentale per noi: se portiamo nella mente
e nel cuore la Parola di Dio, se questa entra nella nostra vita, possiamo respingere
ogni genere di inganno del Tentatore”.(21 febbraio 2010)
Da
Nazareth a Betlemme, i primi protagonisti del Vangelo si muovono tra varie circostanze
e una comune convinzione: capire e compiere la volontà di Dio in qualsiasi momento.
Un valore che lo stesso Gesù, ha osservato una volta Benedetto XVI, impara dai suoi
genitori:
“Nella vita trascorsa a Nazaret, Gesù ha onorato la Vergine
Maria e il giusto Giuseppe, rimanendo sottomesso alla loro autorità per tutto il tempo
della sua infanzia e adolescenza. In tal modo ha messo in luce il valore primario
della famiglia nell’educazione della persona”. (31 dicembre 2006)
Ancor
più chiaro il Papa quando mette in rapporto la vocazione al sacerdozio col rispetto
della volontà di Dio. Un sacerdote che non intenda in questi termini il proprio ministero,
ha stigmatizzato, “non ama veramente Dio e gli altri, ma solo se stesso e, paradossalmente,
finisce per perdere se stesso”:
“Il sacerdozio - ricordiamolo sempre
- si fonda sul coraggio di dire sì ad un’altra volontà, nella consapevolezza, da far
crescere ogni giorno, che proprio conformandoci alla volontà di Dio, ‘immersi’ in
questa volontà, non solo non sarà cancellata la nostra originalità, ma, al contrario,
entreremo sempre di più nella verità del nostro essere e del nostro ministero”. (20
giugno 2010)
Dunque, ripete Benedetto XVI, la vita di un uomo senza
il faro della volontà di Dio è un insistere ostinatamente in un vicolo cieco. Il modello
è e resta invece quella piccola donna di Nazareth, la cui disponibilità al cielo gli
ha suggerito questa intensa preghiera al termine della prima omelia da Pontefice nella
festa dell’Immacolata:
"Abbi il coraggio di osare con Dio! Provaci!
Non aver paura di Lui! Abbi il coraggio di rischiare con la fede! Abbi il coraggio
di rischiare con la bontà! Abbi il coraggio di rischiare con il cuore puro! Compromettiti
con Dio, allora vedrai che proprio con ciò la tua vita diventa ampia ed illuminata,
non noiosa, ma piena di infinite sorprese, perché la bontà infinita di Dio non si
esaurisce mai!". (8 dicembre 2005)