Conferenza sull'Afghanistan: passaggio dei poteri a Kabul nel 2014
Transizione, ricostruzione e lotta alla corruzione. Questi i temi chiave della Conferenza
internazionale tra i 60 Paesi donatori che si svolge oggi a Kabul. Il servizio di
Marco Guerra:
La gestione
della sicurezza dell'Afghanistan passerà dalle mani della Nato a quelle del governo
afghano entro il 2014, ma l’Alleanza atlantica resterà come forza di sostegno: il
via libera alla transizione voluta da Karzai è stato ufficialmente approvato dalla
Conferenza dei donatori a Kabul. Le delegazioni di oltre 60 Paesi danno l’ok anche
a far transitare il 50% degli aiuti internazionali attraverso il bilancio statale
entro due anni. La comunità internazionale ha inoltre dato pieno appoggio alle iniziative
di pace e al piano afghano volto a convincere gli insorti ad abbandonare le armi.
Dal canto suo il segretario di stato Usa Clinton ha insistito sulla necessità di coinvolgere
le donne nel processo di pace e di non abbandonare il Paese, confermando nel luglio
2011 la data già fissata per l'avvio del ritiro delle truppe americane. Intanto nella
capitale, benché blindata dalle forze di sicurezza, non sono mancate le violenze nella
notte e prima dell'avvio dei lavori. Almeno tre i feriti. Nel nord del Paese un soldato
afghano ha ucciso due civili Usa e un altro suo commilitone prima di essere ucciso.
Sulle
novità emerse dalla Conferenza, Gabriella Ceraso ha sentito il parere di Alberto
Negri, inviato del Sole 24 ore a Kabul:
R. - Novità
assolute non ci sono. La data più importante che viene citata è quella del 2014, ma
se andiamo a leggere il documento la formula dice che “entro il 2014 le forze afghane
dovrebbero essere in grado di condurre operazioni in tutte le province”. Ma questo
non vuol dire esattamente “assumere il controllo” di tutto il Paese.
D.
- Quindi, un obiettivo improbabile?
R. - Più che improbabile si tratta
di un obiettivo incerto, nel senso che bisognerà far arrivare quel periodo per capire
se questo sarà fattibile. Questo è il punto principale. Vengono poi trattati tutti
gli altri temi che conoscevamo anche alla vigilia della Conferenza di sfuggita e senza
mai entrare nello specifico. Si parla, ad esempio, di un piano per la reintegrazione
dei talebani, ma non viene citato lo stanziamento di una cifra particolare o di un
fondo specifico come era stato fatto, invece, a Londra lo scorso inverno; si parla
perfino delle elezioni, ma non viene neppure precisata la data del 18 settembre, in
cui dovrebbero appunto svolgersi le politiche in Afghanistan. Allora la domanda è:
a cosa serviva una Conferenza di questo genere? E la risposta forse è molto semplice:
per tentare di tenere la Comunità internazionale in qualche modo coinvolta nella situazione
afghana in un momento di difficoltà del governo afghano, ma soprattutto degli Stati
Uniti. Gli americani hanno bisogno che gli alleati riconfermino il loro impegno per
l’Afghanistan, perché altrimenti per loro sarebbe un disastro.
D. -
Per la ricostruzione è previsto il passaggio di circa il 50 per cento della gestione
dei fondi proprio a Karzai…
R. - Questo è un punto su cui gli afghani
naturalmente insistono con grande forza, poiché gestendo direttamente i soldi, il
governo afghano può acquisire una maggiore stabilità nei confronti della popolazione
civile.
D. - La parola “pace” che spazio ha nella programmazione del
futuro di un Paese costantemente in guerra?
R. - La parola “pace” non
viene citata neppure nel titolo della Conferenza, proprio perché forse potrebbe suscitare
eccessivo ottimismo, in una situazione in cui - nella capitale superblindata ci sono
stati lanci di razzi - la parola “transizione” è la parola veramente chiave di questa
Conferenza. Nelle mie previsioni, credo che ci vorrà molto, molto più tempo perché
l’Afghanistan possa reggersi in piedi da solo.